giovedì 20 novembre 2014

BANDO ALLE CIANCE , SU CON LE CHIAPPE


Oggi ho mandato ad Amò la foto del mio sedere.
Donne siate oneste: gli scatti delle vostre dita intrecciate a forma di cuore non sono più alla moda!!
Le scritte sulla sabbia "I love You", seppur cariche di amorevoli significati, vengono completamente snobbate dai vostri uomini.
E vogliamo parlare di quegli aforismi estrapolati da libri e poemi, profonde riflessioni sulla vita, sulla passione, sul dolore... quelli nei quali sottilmente immedesimiamo il nostro stato d'animo del momento?
Fatevene una ragione.
A un uomo non gliene puó fregar di meno di Osho o della Allende.
Non vengono capiti!!  (e forse nemmeno letti per quanto interesse sono in grado di destare!).
Potreste persino cucinargli un maiale intero in 14 tipi di cotture diverse, che non otterreste mai lo stesso risultato.
L'ars culinaria non ha storia contro quella cul in aria!
Prendetene atto.
Se volete essere considerate dal vostro lui, mandategli la foto del vostro culo!!
Fino a qualche anno fa, giravano mail che potevi aprire in tutta tranquillità, senza rischio di licenziamento in tronco, in qualsiasi momento della giornata.
Anche alle 10 di mattina.
Anche mentre sbocconcellavi il tuo pacchettino di crackers durante la pausa caffè con le unghiette smaltate di rosso.
Erano presentazioni diligentemente create col vecchio PowerPoint da qualcuno che poi, con qualche problema mentale e tanta pazienza, immetteva in giro per il pianeta.
Si trattava di un susseguirsi di fotografie che immortalavano paradisi tropicali, deserti stellati e sconfinate praterie, intervallate da perle di saggezza tipo " sorridi, la vita ti sorride", o "sorridi, una porta è sempre aperta davanti a te", oppure ancora "sorridi, il mondo è felice".
Roba insomma da farsi venire una paresi a forza di sorridere!!
Adesso invece, tra la bolletta dell'Iren e la fattura del commercialista, ti arriva una mail in cui ti girano un link.
Tu clicchi e leggi : "le 400 plus beaux culs du monde"!!!
Mamma miaaaaaa!!!
"Ci sarà anche il mio?"- Pensa una donna.
400 sono un bel numero..... Chissà!!
L'uomo invece non pensa.
Lui nemmeno finisce l'oggetto - Vede "cul" e clicca!!!
E se la donna, dopo averne visti sette od otto, si mette l'animo in pace e si arrende al fatto che il suo non potrebbe mai coesistere tra quei sederi tondeggianti e perfetti (ed ovviamente incolpa Photoshop!!), l'uomo pare che, dopo averne visti circa 259 dietro fila, non riesca più a capire perché il260imo abbia anche un collo e stia provando a stabilire un contatto con lui!
Insomma, oggi se vuoi che qualcuno legga qualcosa, devi metterci un sedere.
Proprio per questo, consiglio alle donne di inviarne uno, così..., tanto per,  prima di qualsiasi messaggio alla propria dolce metà.
- cosa vuoi per cena? TAC -  SEDERE
- ti fermi a prendere il pane? TAC - SEDERE
- per favore mi aggiusti quel mobiletto che c'è giù in taverna che è rotto da tipo 8 mesi? TAC - SEDERE.
Donne.... vi si apre un mondo!!!
Nel momento in cui questo apparirà sul suo schermo illuminato, lui inizierà a vibrare.
Mille domande gli frulleranno in testa.
Molti si sentiranno oggetto del vostro desiderio e passeranno il resto della giornata ringalluzziti, in attesa di correre a casa a rivendicare la proprietà di quel che gli è parsa come una promessa.
Fatene buon uso.... otterrete un sacco di vantaggi!
Se poi riuscirete anche ad evitare di farvi trovare ingabbiate dentro ad un pigiama di pile viola, con la fascetta tra i capelli odorosi di patate fritte e le pantofole a forma di cane ai piedi, otterrete ancora di più.
Qualcun altro, in genere tra quelli appartenenti alla categoria "insicuri", inizierà a domandarsi se ha fatto qualcosa che non va.
Qualcosa di irreparabile, tipo l'aver sparso per la casa 18 camicie, incollato i peli della barba al lavandino, dimenticato il pattume sulla porta di casa... qualcosa insomma x cui la vostra foto rappresenti in codice la seconda metà di un bel Vaffan.
E magicamente, qualsiasi vostra richiesta verrà accolta come l'offerta di una grande opportunità di riscatto.
Ed anche in questo caso, otterrete gli stessi, enormi, vantaggi.
Comunque sia raggiungerete il vostro scopo, qualunque cosa vogliate!
Ci tengo però a precisare che fotografarsi il sedere con un cellulare non è una cosa semplice.
Per quel che mi riguarda, sono dovuta salire in piedi sul bidé, attaccarmi con una mano al termoarredo e tendere all'inverosimile l'altro braccio all'indietro per riuscire:
1) a non fotografare il water;
2) a mantenere il range di occultamento dei buchetti di cellulite;
3) a non volare  dentro il box doccia e passare i successivi 20 giorni col gesso alla gamba.
Il tutto mentre la parte ancora lucida della mia mente si chiedeva perché, invece di fare l'acrobata, non mi stessi bevendo una camomilla coi biscottini davanti a Dirty Dancing.
Inizialmente avevo valutato anche l'autoscatto, ma l'idea di correre nuda, avanti indietro  per il bagno, salendo e scendendo dal bidè, nel tentativo di trovare la posizione perfetta prima che finisse il conto alla rovescia, mi è sembrata troppo faticosa e poco funzionale.
Specialmente a 40 anni!
Il bidè d'altronde mi è  parsa la soluzione migliore perché solitamente (e nel mio bagno lo è) è piazzato di fronte allo specchio.
Tutto è molto più comodo. O quasi.
Infatti, semplicemente assumendo la comoda posizione yoga del cane a testa in giù, si può supervisionare dal proprio riflesso, l'esito finale di tutta questa gran lavorata.
D'altro canto, fotografarsi il sedere ha vantaggi che fotografarsi la faccia non ha.
Intanto triplica le probabilità di non abbattere il proprio morale nel momento in cui si ammira l'espressione idiota del tipo "sorridi anche se non c'è nulla da ridere perché sei lì che ti stai fotografando da sola, il chè implica che non hai niente di meglio da fare".
2) puoi cancellare il tool "red eyes"dalle tue applicazioni liberando memoria dal telefono.
3) elimini il problema capelli, trucco, occhiaie che notoriamente rappresentano un ostacolo insormontabile alla pubblicazione di un qualsiasi selfie femminile.
Ieri l'altro ho letto su una rivista che regalano in farmacia, una di quelle che ti piazzano alla chetichella nella borsa tra un campioncino di Vagisil ed uno di Voltaren, che la psicosi da autoscatto è stata etichettata come SELFITE.
Non preoccupatevi!!
Non sarà poi così grave perdere un po' di tempo davanti allo specchio.
Acquisirete maggior consapevolezza del vostro di dietro e sarete al passo con i tempi!
Vi consiglio anzi, di fare una quindicina di foto di repertorio, tutte in una volta.
Foto da conservare per ogni evenienza. Dalla caldaia rotta all'attimo di desiderio.
Potreste flirtare con malizia anche mentre siete davvero infilate dentro al pile viola, alle prese con "Italian's got Talent" e "Masterchef USA".
Sono le meraviglie della tecnologia, ce le hanno date.... tanto vale approfittarne!
Non abbiate timore....comunque vada siate COOL!!!!!


:-)
(p.s.  vi prego portate pazienza..... Anche io ho i miei problemi...)


mercoledì 8 ottobre 2014

W LE MUTANDE!!!

Prima adolescenti, poi uomini o donne ed infine anziani.
Per noi mortali la vita si divide in cicli, ognuno dei quali porta in sé cambiamenti che accogliamo con cotanta naturalezza, che nemmeno ci accorgiamo di aver chiuso un cerchio ed averne aperto un altro.
Così, ignari di tutto, proseguiamo il nostro percorso verso l'età geriatrica, momento in cui, convinti di partire per un week end godereccio a Barcellona, saliremo  su un autobus e ci ritroveranno l'indomani a Budrio con tanto di titolo in prima pagina sulla gazzetta: "Ottantaduenne disperso, passa la notte in campagna".
Sarebbe quindi il caso di mettere dei paletti, qualcosa che funzioni come segnalibro del tempo, un memory che scandisca in che fase della vita siamo: sto parlando di mutande.
Spulciando in quella grande palla aggrovigliata che abita il primo cassetto del mio comò  ho constatato che convivono slippini identici a quelli indossati dalla mummia del Similaun quando venne scoperta tra i ghiacci delle Alpi, microperizomi delle grandi occasioni e svariate paia di mutande "da tutti i giorni" che a rotazione vengono lavate, usate, rilavate e  posizionate sopra le altre.
Pertanto "le mutande da tutti i giorni", quelle in cotone bianco o nero, dall'aspetto ordinariamente "comodo e basta"  vincono il premio della mutanda più gettonata.
No, perchè col lavoro da fare, la siepe da innaffiare, gli animali da accudire, la bambina da servire, la spesa da imbustare e il water da lavare, l'ultima cosa che desidero è avere un elastico nel bel mezzo delle chiappe. Il tutto in barba alla sensualità.
Nella palla informe invece, coesiste un'accozzaglia di tanga, perizomi, coulottine trasparenti e brasilianini che, dagli anni Novanta  in avanti, hanno contrassegnato un altro modo di affrontare la vita, ma soprattutto l'altro sesso.
Non si sa mai.... ti fosse capitato di spogliarti, mica avresti voluto presentarti con un paio di Sloggy o con la targhetta "Lovely girls" sulle natiche, vero?
Ogni donna le conosce e ne tiene qualche paio nel cassetto.
Come poi le Lovely Girls o le SloggY abbiano surclassato i microtanga in pizzo de " La Perla" sto ancora cercando di capirlo.
So solo che arriva un giorno in cui, mentre cerchi un perizoma per un vestito particolare (e badate che ho detto VESTITO  e non UOMO particolare, e già questo è indice di casalinga disperata) ti ritrovi ad infilare un modello degli anni 80 che sporge dai jeans di circa una spanna e che potrebbe avere un po' di credibilità soltanto se stai cantando "Boys" di Sabrina Salerno.
E spera di averci almeno le tette.
Mi sento però di perorare la causa della mutanda comoda, quella che insomma, per essere onesti, fino ai 25 anni, la si indossava unicamente nei giorni del ciclo.
Ho creduto per molto tempo che gli uomini si eccitassero nello spogliarti lentamente e trovarci sotto una mise sexy e raffinata: un reggiseno vedo non vedo, una calza autoreggente o un tanga.
E ci ho speso un sacco di soldi in quella biancheria per capire solo in seguito che due pieni di benzina sarebbero stati un investimento migliore, considerato che l'80% degli uomini, giunto quasi alla meta, quello che c'è lì, nemmeno lo guarda.
Un po' come i bambini con la carta dei regali, e mentre tu ti senti sensualissima nel tuo intimo fresco di cartellino capita che:
1) l'ormone si abbassi di botto perchè lui non accende nemmeno la luce
2) lui si interessi a quello che indossi tanto quanto alla marca di detersivo con cui l'hai lavato
3) nel tentativo di arrivare al sodo più velocemente lui STRAPPI il tuo stratosferico nuovo acquisto facendoti urlare sì, ma non di piacere.
Ma adesso parliamo di Lui.
Lui, l'essere maschile.
Lui è bravissimo a comprare cellulari, computer, t-shirt simpatiche ed originali ma pare che trovi assolutamente inutile entrare in un negozio per comprare un paio di mutande.
Vive dentro boxer o slippini dall'elastico che grida pietà e il giorno che prova a strizzarsi dentro qualcosa risalente ai tempi del liceo, che a malapena riesce a contenere il pisello (e figuriamoci il resto)  la donna, osservandolo in silenzio, decide di provvedere in sua vece all'acquisto di 10 mutande nuove che, con molta probabilità, gli basteranno per tutto il  decennio successivo.
In pratica, un uomo vive fino a 30 anni con le mutande che gli compra la mamma e dopo i 30 con le mutande che gli compra la moglie; il tutto restando fermamente convinto che gli slip siano un oggetto auto-rigenerante che si materializza per magia nel cassetto del comò.
L'uomo che ha raggiunto la piena maturità è quello che va a comprarsi le mutande da solo.
Tuttavia, bisogna ammettere che c'è qualcuno che si prende cura del suo underwear,  David Beckamp per esempio tra gli uomini e Wonder woman per le donne, nonostante quest'ultima manchi un po' di fantasia.
C'è poi chi bypassa completamente l'argomento tipo gli scozzesi sotto al gonnellone in tartan e la Pausini in mondovisione.
Io credo che, prima di raggiungere la fase del pannolone contenitivo (per il quale mi chiedo se ci voglia anche la mutanda e di che dimensione essa sia) dovrei mettermi con calma a riordinare nel cassetto, buttare quello che non si usa più e disporre il resto in modo che la scelta non sia limitata solamente al paio che sovrasta gli altri.
Consiglierei pure a voi di fare altrettanto, dedicando un  pomeriggio alla ricerca di tesori scomparsi.
Se proprio proprio  non vorrete buttarle, potreste anche indossarle per un po' e metterle in vendita on line.
Ci sono veri patiti del genere e queste mutandine usate, chiuse in sacchettini sottovuoto, possono arrivare a costare dai 30 ai 60 Euro in base ai giorni di contatto che hanno avuto.
Pare che Eataly, a questo proposito, stia cercando di brevettare una fragranza 100% made in Italy.
In attesa di trovare bustine di mutande usate a fianco del prosciutto a cubetti e della pasta brisée, potreste guardare al futuro ed inviare i vostri curriculum.
Quello di Wonder Woman va alla grande, nessuna speranza invece per la Pausini....

mercoledì 24 settembre 2014

UN GALLO....IN VACANZA



Bentornati!!!!
Sono stata assente per un po'.
Potrei iniziare il nuovo post scusandomi per avervi lasciato senza letture durante tutta l'estate, imbastendo scuse tipo "ho avuto il blocco dello scrittore" o "sono stata impegnata con valigie, viaggetti e matrimoni (il mio) ma non lo farò.
La pura verità è che a Giugno sono stata in riviera romagnola, precisamente in un villaggio vacanze per famiglie e dopo 12 giorni di gioco caffè, gioco aperitivo, gioco spiaggia e spettacolo serale, sono caduta in una forte catalessi da cui sto lentamente uscendo solo ora, mentre l'estate si sta avviando al termine.
Esiste un momento, un istante, un attimo di incoscienza in cui una coppia normale, con un solo figlio (tipo noi per esempio), decide di portare la prole in un luogo che, con tutto il suo buon cuore, definisce "adatto ai bambini".
Un posto in cui tutto, ma proprio tutto, è a misura di pargolo.
Ecco.... è lì che la coppia normale si fotte le ferie.
Già alla prenotazione, la coppia normale non calcola che la famiglia ospite tipo che sceglie il family village, ha in media 3 tre figli.
L'ovvio risultato è che trascorrerà il suo "tempo relax" in una specie di gigante asilo festante, in stato di perenne sovreccitazione e con la più assoluta mancanza di regole.
Tutto questo premesso, la baraonda inizia già alle prime luci dell'alba quando, prima ancora di connetterti col tuo vero io, ti ritrovi al centro del buffet con uno stuolo di bambini molesti che ti pestano gli alluci in fila per le crêpes alla Nutella.
Guardi i waffles ma sai che raggiungerli è pura utopia.
Li osservi con l'acquolina in bocca e lo sguardo famelico ma, circondata da ospiti che arrivano più o meno al tuo ginocchio, vieni considerata tanto quanto la quercia nel villaggio dei puffi.
Potresti riuscire a fartene servire uno solo dopo svariate manovre, con sensuali piegamenti iin avanti, tendendo le mani verso la marmellata e le tette verso lo chef.
Nel mio caso, non essendo provvista dell'elemento essenziale, l'unico risultato ottenuto era la somiglianza ad una fitness addicted in aria di risveglio muscolare.
Tra moccioli colanti e svariati starnuti dentro al mio the, il secondo giorno mi sono beccata un raffreddore da far invidia a tutti i bambini dell'hotel.
Il terzo giorno mi è venuto il ciclo.
Il quarto giorno amò se ne é andato a far concerti per l'Italia, abbandonandomi in solitudine alla triste gestione di fazzoletti e tampax.
Il quinto giorno è piovuto, così siamo rimaste tappate in camera.
Col brutto tempo ci si ingegna per non annoiarsi. Ognuno fa quel che può. L'inquilino della stanza accanto alla mia per esempio ha cantato "Banana Banana Micio Bau BaU" dalle 14.00 alle 16.00. smettendo solamente quando le mie preghiere che scivolasse sotto la doccia sono state gaudiosamente esaudite.
Il sesto giorno, dopo aver corso con un cucchiaio in bocca per tutto il lungomare e lanciato freccette con la lasagnetta ancora in panza, ho iniziato a capire che forse non sarei sopravvissuta.
E che molto probabilmente non sarebbe sopravvissuta nemmeno l'equipe degli animatori che, data la mia mira, ha rischiato di venire giornalmente decimata a colpi di freccette sfiondate a caso.
Il settimo giorno, alla settima sera di baby dance consecutiva, la sindrome depressiva mi ha definitivamente debilitato.
Il salto del canguro, il volo dell'allodola e le mani contro il muro gestite da un poveretto stritolato dentro ad un claustrofobico costume giallo a forma di pulcino, mi hanno tramortito.
Questo poveretto, che ora, a stagione conclusa, sarà di certo stato ricoverato in neuropsichiatria all'"Infermi" di Rimini, veniva chiamato "il gallo ganzo " ed accuratamente stritolato ogni qualvolta appariva.
Nei momenti di spettacolo, dopo le gioiose foto di rito, l'attesa dei genitori si trasformava in un incessante attaccamento al telefono.
Ho visto battere record mondiali di Jewels Minners, ho ascoltato vendite di appartamenti a distanza, ho osservato postare su Facebook improbabili fotografie del gallo ganzo che tentava il suicidio.
E mentre lo spettacolo volgeva al termine e tu intravedevi la fine del tuo martirio, crogiolandoti nella speranza di darti una botta di vita con mezz'ora del tuo libro preferito a letto, ecco che quel fetente del gallo ganzo, per vendicarsi di tutto, ti spara sul cuore l'annuncio: "e ora.... tutti alle fontane di cioccolato!!!!".
Bene.
Ora immaginate 150 bambini, armati di uno stecco appuntito, infilare pezzi di mela e biscotti e lanciarsi verso fontanelle di cioccolato fuso colante.
Immaginate 150 bambini urlare e brandire le loro spade sbrodolanti di cacao, verso camicette bianche e candide tovagle.
Immaginate le mamme urlare "basta cioccolata!!" tentando di sfuggire all'inevitabile, prevedibile attacco di diarrea dell'indomani.
Ed ora immaginate me, seduta a debita distanza dal campo di battaglia, che sorseggio una tisana e conto con le dita quanti giorni mi mancano per tornarmene alla mia casetta ad innaffiare il giardino in quelle che saranno le mie VERE ferie.
Poi però, vedo la mia bambina sorridente e felice come non mai, intristirsi al solo pensiero di tornare a casa e lasciare un posto che per i bambini ha dato davvero tutto, ma proprio tutto tutto!!!
Ero così dispiaciuta che ho persino pensato di affittargli un gallo ganzo anche a casa.
Ne no trovato uno che col costume paglierino starebbe benissimo!!
Eccolo:







sabato 21 giugno 2014

Uomini e donne. Chi è chi?

Oggi ho comprato un costume nuovo.
Dato che ultimamente ho l'enfasi da shopping, il fatto che la scorsa settimana avessi fatto lo stesso acquisto è cosa di poco conto.
La realtà è che devo ancora sfoggiare un bikini fighissimo che già ne ho acquistato un altro.
Non l'ho nemmeno provato.
L'ho notato appeso ad una bancarella del mercato e l'ho buttato in borsa senza nemmeno riflettere che forse, un costumino a cuoricioni bianco e rosso, con un papillon in mezzo alle chiappe, e ripeto forse, sarebbe più indicato per mia figlia che per me.
Non so.
Pare che a volte non mi renda conto che intorno ai 40 anni dovrei indossare qualcosa di più consono alla mia età.
Il fatto che abbia messo in piedi un banchetto di cose vintage, che abbia comprato un libro sulla moda degli anni '20, che il mio garage sia pieno di camicette della nonna e centrotavola fatti ad uncinetto non è sufficiente.
Il mio cervello è ancora convinto di avere 20 anni, non per l'aspetto in sé, ma perché penso che ci siano ancora tante, ma così tante cose da fare che la mia mente è rimasta indietro rispetto all'età anagrafica.
Ne sono così convinta che l'altra sera stavo per fare harakiri nella fontana quando, tre ragazzine sui 16 si sono rivolte a me chiamandomi  "signora ".
 - Ma signora a chi?
Parlate forse con quella dolce vecchietta in carrozzella che la badante sta spingendo tre metri più in là?
Io sono come voi.... vedete io.... io ho le "ALL STARS", io.... io in effetti non faccio la terza superiore.... ma io bevo la birra, sono una mamma ma io... io ascolto la musica, voi studiate Petrarca ma io gioco ancora a Barbie tutti i pomeriggi con mia figlia!   -
Ma ammettiamolo.
Non c'è pezza che tenga.
Una donna a 40 anni è una donna anche se si ostina ad autodefinirsi "ragazza".
Una donna a 40 anni se se ne esce con una maglietta fosforescente e due chitarre fuxia che penzolano dai lobi è un tantino fuori luogo a meno che non voglia sostare lungo un viale, con intenti diversi dall'aspettare il bus.
Una donna a 40 anni pensa alla cena, finisce di ramazzare davanti a casa e non solo dentro casa, si china a strappare un erbaccia se cresce in mezzo agli autobloccanti!
Una donna a 40 anni riceve sguardi di approvazione da un target di uomini che va dai 60 agli 80.
Poi qualcuno mi dovrebbe spiegare come funziona questa teoria che l'uomo a 40 anni non diventa vecchio ma diventa affascinante!!!
Quelle della donna sono rughe, quelli dell'uomo segni d'espressione.
RUGHE sono rughe anche le sue!!!
La donna è praticamente obbligata a tingersi i capelli mentre l'uomo brizzolato ha un nonsochè di vissuto che fa tanto Richard Gere in Pretty Woman.
BIANCHI. I capelli diventano BIANCHI. Per tutti.
E comunque conosco "Pretty Woman" perchè me ne hanno parlato, sia chiaro, non perchè l'ho visto a 14 anni e per i dieci successivi, sperando di incontrare un tipo sulla lotus che mi offrisse fragole e champagne!
Spessissimo ragazze giovani si innamorano di uomini bellocci di mezz'età.
Il toy boy invece funziona solo se sei ricca sculata.
Dai.... la casalinga 50 enne che il mercoledì compra il pesce col buono sconto scommettiamo che il toy boy non lo trova nemmeno se lascia i bigliettini nelle tabaccherie?
E se le donne che, per mantenere una parvenza di fanciullezza ricorrono a punture di botox, finiscono per avere due ridicoli canotti con tanto di bandierina al posto delle labbra, l'uomo che si impasta la faccia di creme fa figo.
La donna che si spalma il gel contorno occhi tenta il miracolo, l'uomo invece si prende solo cura di sè.
Non è un caso che le palestre siano piene di donne tramortite sui tapis roulant e uomini che misurano il bicipite allo specchio con vanesio egocentrismo.
Tutto è un po' cambiato.
Io farei un passetto indietro.
Rifletterei per un attimo su quello che è uomo e quello che è donna.
A prescindere dall'età.
I miei nonni erano contadini.
Mio nonno lavorava la terra e la sera tornava a casa con le mani e le unghie sporche.
Mia nonna rimestava la polenta e si immerdava i capelli nel pollaio per tirare su le ovette fresche di signora gallina.
Però la mia nonna si faceva un cucù con le forcine perfetto ed era aggraziata e bellissima di fianco al mio nonno in canottiera bianca.
Distinguevi benissimo chi era il maschio e chi era la femmina.
Personalmente le coppie mi piacciono ancora così.
Mi piacciono le mani che sanno di lavoro, mi piacciono gli occhi che sanno di responsabilità, mi piace l'uomo che a fine giornata sa di lui e non di lavanda provenzale.
E sono convinta che, a parte la grande insicurezza che l'idea di dover rimanere giovani a tutti i costi ha creato, tutte le donne cerchino ancora l'uomo-uomo.
Quello che dovrebbe prenderti e portarti via.
Quello che ti difende e ti protegge.
Quello che pensa che il bel culo di una ventenne non è sexy quanto le zampe di gallina della donna che l'ha visto girare con le mutande dall'elastico smollo e che, nonostante questo, è ancora lì al suo fianco.
Ok.... forse il bel culo della ventenne è più sexy delle zampe di gallina, ma l'elastico smollo con lei non lo portereste! Uomini riflettete!!!
Io credo di non aver mai visto Amò più bello di quando tornava in bicicletta, sudacchiato, coi pantaloni della tuta tagliati al ginocchio da una bella sforbiciata e la t-shirt sbiadita di circa 15 anni prima.
Tutta un'altra cosa da quelle tutine / preservativo che vanno tanto di moda oggi.
Oggi gli uomini si infilano dentro delle cose tecniche che ok sono traspiranti, igieniche, salutari ma che onestamente non si possono guardare!!
D'altronde è la vita che è fatta così.
Il tempo passa.
Le mode cambiano.
Ed è giusto che lo sia.
Non ho paura di invecchiare.
E nemmeno di mettermi il costumino coi cuoricioni rossi.
C'è solo una cosa che mi terrorizza.
Vi prego....signora ancora ancora, ma non chiamatemi mai MILF!

;-)







sabato 31 maggio 2014

ACQUISTI A DOMICILIO

Quando lasciamo le nostre case per recarci al lavoro non immaginiamo che attorno alla nostra abitazione circola un mondo a parte di persone che suona ai nostri campanelli e che, nel... diciamo 80% dei casi, se ne va senza ottenere risposta.
C'è anche chi, per assicurarsi che veramente tu non sia in casa, tenta di farsi largo forzando la porta d'ingresso o calandosi da un lucernario sul tetto, ma non è di questi gentleman che vorrei parlare.
Io vorrei parlare invece di quel mondo di venditori porta a porta, rappresentanti, missionari religiosi, dispensatori di fedi varie, letturatori di contatori, elemosinanti e chi più ne ha più ne metta, che quotidianamente si presenta ai nostri citofoni, normalmente mentre stiamo prendendo il sole in giardino o mentre girovaghiamo per casa coi capelli sporchi da tre giorni.
Fatto sta, che quando tu stai in casa a farti i cazzi tuoi (stai pulendo, stai facendo la doccia, stai sfilettando il pesce) qualcuno irrompe nella tua tranquillità attaccandosi insistentemente al campanello.
Non basta un Drin.
Loro lo sanno che tu li stai spiando da dietro la tenda fingendoti assente!
Diventa una gara.
Mentre ti frusteresti per aver lasciato alzata una persiana, per non aver messo la macchina in garage, per aver lasciato una borsa nel cestino della bici, qualsiasi indizio della tua presenza, loro continuano a suonare.
E alla fine vincono.
Ti affacci alla finestra ed hai perso la tua partita, insieme a un'ora e mezza del tuo tempo.
Ultimamente sono alle prese con il venditore di una nota marca di apparecchi per la pulizia della casa che in tre giorni si è presentato a casa mia tre volte.
Abbastanza per far sospettare ai miei vicini l'esistenza di una storia neanche troppo segreta fra di noi.
L'impavido venditore arriva con una gran bella macchina che ha ancora le bollicine di shampoo sul cofano, impeccabile nella sua tenuta elegante, camicia linda di un bianco abbagliante, scarpa lucida e cintura firmata.
Dice di dovermi lasciare i nominativi dei nuovi rappresentanti di zona.
Ne approfitto per mostrargli il mio vecchio aspirapolvere, vergognandomi un po' delle condizioni in cui sono riuscita a ridurlo.
Siccome il filo che ti danno in dotazione non basta per arrivare dalla cucina al bagno, tempo fa avevo comperato una prolunga, che per contro, è talmente lunga che girovagando per le varie stanze, finisce per avvinghiarsi al mio corpo facendomi assomigliare più alla vittima di un rapimento che ad una casalinga.
L'altro giorno volevo farmi un selfie tutta arrotolata nel filo verde.
Poi ve l'ho risparmiato perché la maglietta di 8 taglie più grande non mi rendeva giustizia.
E a meno che tu non sia Belen Rodriguez farti un selfie in cui sei inguardabile non ti conviene!
Comunque questo filo richiede anche un sacco di tempo per essere riavvolto con cura, così quando l'ho mostrato all'agente di commercio sembrava che sul manico della mia scopa elettrica avesse nidificato un intero stormo di passeri.
Constatato che dal 2006 sto pulendo casa con un filtro bruciato, che la scheda elettronica sta tirando gli ultimi e che il pezzo di ricambio comprato su groupon rischia di farmi esplodere la scopa in mano da un momento all'altro, la situazione è parsa così tragica che per non mettere a repentaglio la mia stessa vita è stato necessario concordare un secondo appuntamento per pulire l'aspirapolvere.
Così ieri, ovviamente mentre stavo per uscire, il gentile rappresentante si è ripresentato a casa mia con un trolley ultimo modello dal quale incredibilmente è uscito di tutto.
Tutto.
In quella valigia c'era un universo a sé, una soluzione a qualsiasi problema.
Il sogno segreto di ogni domestica dopo Gabriel Garco: il folletto, il tubo aspirante, la macchina lavapavimenti, il liquido per la pulizia, pannetti e foglietti vari.
Tirava fuori una cosa per volta, una dopo l'altra lasciandomi sempre più esaltata.
Volevo gridare "olé" dopo ogni accessorio!!
Il tubo. OLÉ.
L'aspirabriciole. OLÉ
Lo sbatti tappeti. OLÈ.
Ho il forte dubbio che se fosse rimasto mezz'ora in più avrebbe potuto estrarre qualsiasi cosa.
Comunque, nell'attimo in cui ti dimostrano che dopo aver passato il TUO aspirapolvere, il SUO, nello stesso punto raccoglie un dito di acari, polveri, capelli e briciole che tu nemmeno immaginavi esistessero, si fa forte  in te l'idea di vivere in un immondezzaio.
Nonostante le pulizie quotidiane, il moccio, le spalle spaccate per tirare lo straccio negli angoli chinata a novanta, nella tua casa persiste ugualmente un substrato di sporcizia nel quale mangi, cammini e ti corichi quotidianamente.
Così...con nonchalance, una mattina qualsiasi, mentre in pigiama stai mettendo in concia il coniglio, invece dei due euro del pane ti ritrovi a staccare un assegno di 1.600 euro per vincere la tua lotta quotidiana contro gli acari.
"Tesoro... oggi è passato il rappresentante della Xxxxxx"
"Ah sì??? Dovevi prendere i sacchetti di ricambio?"
"Sì! ma rischiavo di morire se l'accendevo col filtro tarocco.... ho DOVUTO comprare tutto l'aspirapolvere! Sono 2000 euro però aspira i gatti da sotto il divano auto con un raggio di 30 centimetri senza spostarlo di un millimetro!"
Al ché ti ritrovi single.
Può essere un buon metodo se hai intenzione di rimpiazzare il marito vecchio col rappresentante nuovo, solo che lui, dopo aver chiuso l'affare, si dimentica di te, vuota il trolley, lo riempie di costumini e va a brindare alle Bahamas, mentre tu, gira e rigira stai ancora lavando pavimenti!!!!!
Eh già.... bisogna fare attenzione!
Io il nuovo aspirapolvere non l'ho comprato anche se devo ammettere che un pensierino ce l'avevo fatto però, prova di qui, dimostra di là alla fine mi ha lavato il pavimento della sala gratis.
Sapete, volevo farmi un selfie mentre mi crogiolavo su quelle mattonelle senza acari......peccato che avessi ancora quella maglietta 8 taglie più grande!
:-)

P.s. Ovviamente scherzo.... Il ragazzo é stato davvero bravo e professionale. Magari tra un annetto l'acquisto lo faccio sul serio!!! Amò... Stai all'occhio!


mercoledì 7 maggio 2014

RACCONTO SEMISERIO DI UN VIAGGIO IN MAROCCO 2 (della pelle e del deserto)

Se Tetouan mi era sembrata un'accozzaglia di gente in movimento senza senso, l'arrivo a Fez ha avuto un impatto ancora più forte.
A Fez vivono circa 2 milioni di persone, di cui 400.000 dentro la vecchia medina, in case che nemmeno si riescono a vedere, nascoste in vicoletti dove a malapena passa un uomo.
Non vedi la facciata delle case, ma vedi la parabola satellitare e capisci che lì ci  abita qualcuno.
Credo sia la nuova modalità di controllo nascite. Più parabole meno figli!!
Nella medina fa freddo. Le vecchie mura e le abitazioni abbarbicate una sull'altra creano un'ombra che non lascia passare i raggi del sole. Ci infiliamo una felpa ed iniziamo la scoperta di questa nuova realtà.
Siccome gira di qui, gira di lì, questo labirinto di stradine,sempre diverse ma sempre uguali, esclude qualsiasi possibilità di ritorno, ci forniamo di una guida locale che, col suo incedere sicuro e veloce, ci porta a visitare di tutto e di più, dal venditore di polli a Km 0 (nel senso che se vuoi un pollo, gli tirano il collo e te lo puoi portare a casa) a quello di acqua di rose che, da un bottiglione di grappa, te ne riempie uno mignon, al prezzo di uno Chanel.
Ogni tanto due urla ti fanno capire che se non vuoi essere travolto da un mulo in movimento devi distoglierti dal datterino che stai fotografando.
Ogni tanto il profumo di spezie ti ricorda che però la pizza ha sempre il suo fascino;
ogni tanto ti vengono in mente i nostri ipermercati super impostati e pensi che ci perdiamo un gran divertimento!!!
Man mano che avanzi non puoi fare a meno di notare che questo grande caos ha in realtà un suo ordine.
I quartieri si susseguono con un loro senso: dagli alimentari ai profumi, dalle stoffe ai metalli, dalla ceramica alla pelletteria.
Dopo esserti guardato più volte le scarpe, senza capire perchè senti odore di cacca ma inspiegabilmente sulle tue suole non ve n'è traccia, arrivi alle grandi concerie di Fez.
Con un mazzetto di menta sotto il naso per non nausearti, scopri che le pelli di capra e di cammello vengono immerse dentro vasche di liquido bianco che altro non è che cacca di piccione diluita e successivamente, tinte in altre vasche di rosso, giallo, nero.
Questi ragazzi, immersi nella merda fino alle ginocchia, si stracollano quintali di pellame sulle spalle ogni giorno.
Poi, tu puoi comprarti il giacchetto di pelle marocain o lo zainetto figo.
Siccome il mio zainetto cinese oltre che essere radioattivo, non ha resistito più di un giorno al peso di telefono e portafoglio, decido di acquistarne uno nuovo.
Allora. Partiamo del presupposto che trattare con un marocchino è una cosa estenuante da cui non puoi uscirne vincente.
Puoi provare a strappare il prezzo migliore possibile, mettendoti nell'ordine di idee che tutto quello che hai pagato in più, sarà come pagare il biglietto per partecipare alla contrattazione.
Secondo Abdul, dovrei pagare il mio futuro zainetto 1400 euro perchè è riuscito ad agganciarci anche due giacche di pelle, per la verità molto belle.
L'addetta alla trattativa sono io.
Amò mi guarda spazientito chiedendomi: "ma poi dove le mettiamo due giacche di pelle per i prossimi 5 giorni che ci sono 30gradi?"
Abdul non sa che lui è marocchino.... ma io sono io.
Tratto, tratto fino a quando, dopo averlo sfinito ed aver parlato col titolare del negozio, mi da la mano per 300 Euro. Affare fatto. Per lui.
Io voglio chiudere a 250. So benissimo che 50 euro andranno alla guida che ci ha accompagnato alla conceria, per cui saluto Abdul e gli dico che tornerò dopo, certa di riuscire ad ottenere quello che voglio.
Non so come abbia potuto non mandarmi affanculo.
Io al suo posto l'avrei fatto. Anzi... forse appena mi sono girata l'ha proprio fatto!!
Io guardo il solito americano cretino che sta  pagando la sua giacca 500 euro e gli sorrido.
Alla fine non sono più tornata, ho mangiato e su suggerimento di Amò ho comprato uno zainetto in un bugigattolo dall'unico marocchino che parlava napoletano, il chè è tutto un dire sul pacco che mi ha rifilato.
Deve esserci stato un intoppo! Lo zaino avrà saltato qualche procedura di trattamento perchè una volta riposto sul letto, il sentore che emanava una volta usciti dalla doccia, era quello di una capra che avesse defecato in camera nostra.
Una puzza così orrenda che non mi ha più abbandonato per tutta la vacanza.
Una puzza così terribile che il mio gatto, una volta a casa, ci ha pisciato sopra il secondo giorno di permanenza in garage.
Lasciata Fez ci dirigiamo verso Merzouga, nel Deserto dell'Erg Chebbi.
Partiamo alle 8 di mattina ed arriviamo alle 8 di sera, il chè è tutto un dire sulle condizioni in cui all'arrivo, vessava il mio sedere.
Certo, abbiamo sostato mezz'oretta per nutrire le scimmie libere lungo la via e siamo stati costretti ad un'ora di stop per un posto di blocco che ci ha però permesso di assistere al passaggio del tour del Marocco (una sorta di giro d'italia), in una zona dove il nulla regna sovrano, seduti su un muretto a ciglio strada.
Arrivati a Merzouga, lasciata la valigia a casa del cugino di Said, riempiamo il mio zainetto puzzolente con due robe di sopravvivenza e saliamo in groppa a "Bob Marley" ed "Il bianco". Guidati dal simpatico Hussein i due dromedari, dondolando tra le dune, ci mollano al campo nomade.
Una tenda berbera dove su un fornelletto a gas cuciniamo insieme il tajin e lo mangiamo. Accendiamo il fuoco, cantiamo e guardiamo le stelle.
La temperatura cala.
E' stata un'esperienza meravigliosa. Solo quando ho tirato la tenda della tenda ed ho realizzato che non ci si vedeva assolutamente nulla, che non si sentiva realmente nessun rumore, che ero davvero in un posto dimenticato dal mondo, ho avuto un po' di paura, stemperata dall'addormentarmi con un accendino stretto nella mano.
Non so cosa avessi intenzione di fare con quel coso in mano, se dar fuoco ai capelli di eventuali ladroni che sarebbero potuti entrare o controllare che Amò non se ne andasse abbandonandomi per sempre!!
Riapro gli occhi all'alba quando ogni ombra della luna è sparita lasciando il posto a quelle del primo sole tra le dune.
C'è un silenzio surreale.
Pensi alla gente berbera che vive la sua vita qui.
In villaggi di 40 persone, tra la sabbia, a 3 ore di fuori strada dalla civiltà (dove la prima "civiltà"non è quello che intendiamo noi).
Si spostano coi dromedari, hanno sussidi dallo stato per riuscire a studiare.
Tanti lo faranno e tanti altri no.
Seguono le piste.
Sanno se di notte è passata una volpe del deserto o quale specie di uccello ha lasciato le sue zampettate.
Riescono a capire a quanto tempo addietro risalgono i passaggi delle ultime carovane.
Leggono gli escrementi per orientarsi.
La sorella di Zaid deve partorire.
Lo farà nella tenda, insieme ad una levatrice.
E poi faranno festa. Tanta festa al suono dei loro tamburi.
All'alba una ragazza lava i panni dentro una tinozza d'acqua dietro ad una duna.
Non è facile da spiegare cosa lascia il deserto.
Più cose hai, di più preoccupazioni ti circondi.
Alle volte si perde il senso di quelle che sono le difficoltà vere, i bisogni primari di un uomo. Si cerca ad ogni costo una distrazione, qualcosa per riempire la testa.
Qui nel deserto ti devi bastare, e nel nulla, il non avere niente è avere tutto.

Il nostro viaggio è poi proseguito per le gole del Todra, per Ouarzazate, passando attraverso pittoresche kasbe e set cinematografici dove sono stati girati film come "il gladiatore, Cleopatra ecc. ecc. "per finire a Marrakech con la sua bellissima piazza carica di incantatori di serpenti, venditori ambulanti, artisti dell'henné, ristoranti e di tutto quel che va oltre l'immaginabile.
Ci siamo persino fatti un hammam.... ma di questo vi parlerò un'altra volta, magari il giorno che farò un giro in una spa!!
Intanto vi saluto e vi ringrazio per avuto la pazienza di leggervi tutto questo sproloquio marocchino.
Salam.

Ringrazio Said Ouattou per il tour e Zaid che tanto pazientemente ha guidato, col suo turbante in testa. I berberi del mio cuore!!
Per chi volesse fare questa esperienza:
merzouga.experience@gmail.com


domenica 27 aprile 2014

SFIDA A COLPI DI POESIA

Ok... É la prima volta ed accetto la sfida che Firmatocarla mi ha lanciato!
È una sfida a colpi di poesia per cui dovrò scrivere un'ape sia che amo, rilanciare la sfida ad altre 5 blogger che avranno ben 24 ore di tempo per fare altrettanto.
Nel caso non accettassero dovranno regalarmi un libro.

Bene, detto questo la mia poesia si chiama come me.
Barbara di Jacques Prévert.
Mi piace molto di più in francese così posto le due versioni!

Barbara di Jaques Prévert - versione italiana

Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua quel giorno su Brest
E tu camminavi sorridente
Raggiante rapita grondante, sotto la pioggia
Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua su Brest
E t'ho incontrata in rue de Siam 
E tu sorridevi, e sorridevo anche io 
Ricordati Barbara 
Tu che io non conoscevo 
Tu che non mi conoscevi 
Ricordati, ricordati comunque di quel giorno 
Non dimenticare 
Un uomo si riparava sotto un portico 
E ha gridato il tuo nome 
Barbara 
E tu sei corsa incontro a lui sotto la pioggia 
Grondante rapita raggiante 
Gettandoti tra le sue braccia 
Ricordati di questo Barbara 
E non volermene se ti do del tu 
Io do del tu a tutti quelli che amo 
Anche se non li ho visti che una sola volta 
Io do del tu a tutti quelli che si amano 
Anche se non li conosco 
Ricordati Barbara, non dimenticare 
Questa pioggia buona e felice 
Sul tuo viso felice 
Su questa città felice 
Questa pioggia sul mare, sull'arsenale 
Sul battello d' Ouessant 
Oh barbara, che cazzata la guerra 
E cosa sei diventata adesso 
Sotto questa pioggia di ferro 
Di fuoco acciaio e sangue 
E lui che ti stringeva fra le braccia 
Amorosamente 
È forse morto disperso o invece vive ancora 
Oh Barbara 
Piove senza tregua su Brest 
Come pioveva prima 
Ma non è più cosi e tutto si è guastato 
È una pioggia di morte desolata e crudele 
Non è nemmeno più bufera 
Di ferro acciaio sangue 
Ma solamente nuvole 
Che schiattano come cani 
Come cani che spariscono 
Seguendo la corrente su Brest 
E scappano lontano a imputridire 
Lontano lontano da Brest
Dove non c'è più niente

Barbara di Prévert - Versione originale

Rappelle-toi Barbara
Il pleuvait sans cesse sur Brest ce jour-là
Et tu marchais souriante
Epanouie ravie ruisselante Sous la pluie
Rappelle-toi Barbara
Il pleuvait sans cesse sur Brest
Et je t'ai croisée rue de Siam
Tu souriais, et moi je souriais de même
Rappelle-toi Barbara
Toi que je ne connaissais pas
Toi qui ne me connaissais pas
Rappelle-toi, Rappelle-toi quand même ce jour-là
N'oublie pas
Un homme sous un porche s'abritait
Et il a crie ton nom
Barbara
Et tu as couru vers lui sous la pluie
Ruisselante ravie épanouie
Et tu t'es jetée dans ses bras
Rappelle-toi cela Barbara
Et ne m'en veux pas si je te tutoie
Je dis tu a tous ceux que j'aime
Même si je ne les ai vus qu'une seule fois
Je dis tu a tous ceux qui s'aiment
Même si je ne les connais pas
Rappelle-toi Barbara, n'oublie pas
Cette pluie sage et heureuse
Sur ton visage heureux
Sur cette ville heureuse
Cette pluie sur la mer, sur l'arsenal
Sur le bateau d'Ouessant
Oh Barbara, quelle connerie la guerre
Qu'es-tu devenue maintenant
Sous cette pluie de fer
De feu d'acier de sang
Et celui qui te serrait dans ses bras
Amoureusement
Est-il mort disparu ou bien encore vivant
Oh Barbara
Il pleut sans cesse sur Brest
Comme il pleuvait avant
Mais ce n'est plus pareil et tout est abîmé
C'est une pluie de deuil terrible et désolée
Ce n'est même plus l'orage
De fer d'acier de sang
Tout simplement des nuages
Qui crèvent comme des chiens
Des chiens qui disparaissent
Au fil de l'eau sur Brest
Et vont pourrir au loin
Au loin très loin de Brest
Dont il ne reste rien.
Ed  ora lancio la sfida a 



Buon lavoro!!!

giovedì 24 aprile 2014

Racconto semiserio di un viaggio in Marocco - parte 1 (della partenza e dei matti)

Con sforzi difficilmente ripetibili Amò è riuscito a trovare il parking per Malpensa al prezzo più basso possibile. Un prezzo così irrisorio per nove giorni di sosta al coperto, per il quale dubito che al nostro rientro ritroveremo ancora l'auto o che, al massimo, la riprenderemo intatta!!
 I miei sospetti si rafforzano quando tra decine e decine di frecce, l'unico parcheggio di cui non c'è segno di esistenza, è proprio il nostro.
Fortunatamente, dopo un lento girovagare tra i dintorni dell'aeroporto, là, seminascosto, ultimo in fondo, un capannone solitario smentisce tutti i miei dubbi.
Il parking c'è sul serio!
Veniamo caricati su un furgoncino sgangherato con un fantastico specchietto retrovisore rosa shokking ricavato da uno di quegli specchi che usa mia nonna, debitamente incollato alla portiera con ripetuti giri di nastro da pacchi.
Sbrigate le formalità aeroportuali, mi faccio il segno della croce e salgo sull'aereo con la stessa verve con la quale mi accomoderei distintamente dentro ad una bara.
Esulto per il posto "lato finestrino" che mi è stato assegnato e mi preparo a pilotare mentalmente l'aereo fino a Barcellona.
Ho letto da qualche parte che se ognuno di noi consumasse qualcosa, tipo un panino od una bibita dal servizio bar delle compagnie aeree low cost, il Sig. Ryan Air o il Sig. Easy Jet potrebbero farci viaggiare senza pagare il biglietto.
Così, per scaramanzia, tanto per devolvere un po' di Euro alla sicurezza di voli futuri, mi becco una bottiglietta d'acqua che mi è costata tanto quanto il parcheggio di Amò.
"Avevo sete!! " mi giustifico con la gola secca, mentre lui mi guarda allibito.
Non parla, ma immagino mi stia dando della "polla".
Sbarchiamo a Barcellona dopo un'oretta abbondante di volo.
Vale la pena andare a  Barcellona solo per scendere in aeroporto.
Potresti andare in vacanza a Barcellona e girovagare una settimana dentro al Terminal Uno senza mai uscirne.
Bar, negozi, uno store del Barça che ti fa venire voglia di comprarti una muta da calciatore anche se del calcio non sai nulla, anche se non ricordi Byron Moreno e i mondiali del 2002.
E poi la gente parla con quella "R" arrotata tipica degli spagnoli e quella "s" così sexy che ti viene voglia di restarci per sempre lì, a vagare col tuo trolley e a spiluccare tapas e coca cola.
Noi purtroppo dobbiamo correre, niente maglia blaugrana e niente espadrillas. Dobbiamo salire di corsa su un altro aereo diretto a Tangeri.
Fanculo il Sig. Vueling, stavolta non bevo niente.
Mentre sono estasiata da quello che riconosco come lo stretto di Gibilterra decido di rilassarmi e godermi l'atterraggio.
Vi consiglio vivamente Amò come compagno di viaggio.
E' in grado di dormire dal decollo all'arrivo.
Se l'aereo traballa per più di 5 minuti, avrete la possibilità di vederlo aprire l'occhio sinistro, per poi richiuderlo ed addormentarsi più profondamente, cullato dal dondolio che, suppongo, riporti il suo io alla primissima infanzia.
Tranquilli però... in pieno attacco di panico potrete contare su una sbavellata
proprio sulla spalla, vi distrarrete per recuperare un kleenex e  cuore e respiro torneranno alla normalità!!
Toccata terra, compiliamo i ticket per i visti di ingresso in Marocco e ci mettiamo in fila per il controllo passaporti.
Inizi a capire che qui non ci vuole fretta.
Mentre la nostra borsa passa e ripassa sul nastro trasportatore al di là della vetrata noi avanziamo lentamente fino a quando, verso il 25° giro, riusciamo a riappropriarcene+o e a dare finalmente inizio alla vacanza!
All'uscita c'è Zaid, un ragazzo contatto via web che ci saluta, ci fa accomodare in auto e via.... via da Tangeri verso Tetouan.
La Lonely Planet ne parla come una piccola perla.
Un villaggio tutto bianco abbarbicato sulla montagna, patrimonio dell'Unesco.
Il primo impatto che ho avuto io, appena scesa dall'auto, è stata di una gran confusione.
Gente, mercati, bancarelle di frutta, profumo di arance, di spezie, di pollo, di gatto, di caldo e ancora di gente. Gente col capo coperto da fazzoletti colorati, da cappelli di paglia, da coppoline bianche. Teste abbronzate che avanzano verso di me. Occhi che guardano. Guardano i miei capelli, guardano come sono vestita, guardano lo zaino, guardano il mio sorriso. A volte ricambiano ma spesso no. E tutti camminano. Avanzano. Parlano. Suoni, rumori, grida. Nessuna musica. Di canzoni intendo.
Mi sento leggermente intimorita.
Devo fare amicizia con un mondo che non conosco ancora e mi ci vuole tempo. Decido di fumare una sigaretta in un angolo, fuori dalla folla, da sola.
Devo guardare. Devo essere io a guardare e non io ad essere guardata.
E' che sono stata buttata di colpo dall'aereo così statico, ordinato, allacciato, alla realtà troppo in fretta.
Fumo la mia sigaretta di fianco al pattume.
Amò interrompe i miei pensieri.
"Ma proprio lì devi metterti? Di fianco al matto?"
Sì. Sono di fianco al matto del parcheggio che impreca verso il cielo, gira in tondo e parla col suo amico immaginario.
Ferma qualcuno e ricomincia ad imprecare.
Ce ne sono ovunque di personaggi così. Forse ne esiste uno in ogni parcheggio del mondo. Semplicemente io non dovrei essere dove è lui. Ecco tutto.
Compriamo una banana, beviamo qualcosa in un bar.
Sono l'unica donna seduta in un bar a Tetouan. Mi sento a disagio.
Mi sento a disagio anche perchè sembra che la mia figura attiri tutti i matti del paese.
Il secondo matto del paese si siede di fronte a me.
Mi guarda e ride.
Come mi alzo si siede al mio posto ed arraffa il mio bicchiere di Fanta. Beve.
"ne vuoi?" chiedo in francese.
Fa segno di sì con la testa.
Gli verso un bicchiere di Fanta da quel che resta dalla mia bottiglietta e mi allontano.
"tutti te.... vero??" mi dice Amò spazientito.
Cosa posso farci....
Voglio solo fermarmi un attimo.
Dopo un'altra ora di auto con il buon Zaid arriviamo a Chefchaouen.
Chefchaouen è una piccola perla d'Africa.
E' anche il posto dove tutti ti offrono da fumare ma questo non conta.
Basta dire di no se non sei interessato o dire di sì se hai voglia di sfiondarti di canne.
Ognuno faccia come desidera.
E' comunque un paesino di circa 50.000 abitanti tutto blu.
Ogni casa, ogni bidone, ogni secchio, ogni sacco è tinto di una nuance bluette che regala al posto un nonsochè di magico.
Pare che il vero motivo sia che questo tipo di colore allontani gli insetti.
Sorge il dubbio che ci sia anche il bisogno di attirare i turisti.
Resta il fatto che raramente un posto mi ha affascinato così.
La medina (città vecchia) è piccola e facilmente percorribile tra vicoletti, fontane, piccoli negozietti di artigiani, hammam pubblici e mini market.
Il vociare di donne e bambini non ti abbandona mai.
Personalmente potrei restare qui per sempre.
La piazzetta è a ridosso della kasba, col suo cortile interno curato ed ordinato, le sue piante di arance e di lavanda profumata.
Un albero addobbato con le lucine di natale bianche sta proprio al centro della piazzetta. Sono stanca ma felice. Ceniamo sulla terrazza di un ristorantino che si chiama "Aladin, la lampe magique", niente di più azzeccato. Assaggiamo il nostro primo cous cous e dopo una passeggiata crolliamo a letto nel piccolo riad color del cielo.
Marhaba Marocco.
Benvenuto Marocco.
.... to be continued


venerdì 18 aprile 2014

SI PARTE!!!

Siamo in partenza!!!
Io e Amò ci concediamo un piccolo viaggio!
La nostra amata figlioletta ha deciso invece di non seguirci e di trascorrere una breve vacanza nei due favolosi hotel/campi divertimenti "LE CASE DEI NONNI", per assicurarsi le più amate coccole, i più assoluti calpestamenti di divieti (ma questo noi non lo verremo mai a sapere!)e le più favolose scorpacciate di cibo nonnesco.
Come biasimarla se ha boicottato tajin e cous cous, notti in bivacco, ore di strade polverose e passeggiate tra souk profumati, in cambio di una tranquilla settimana dove verrà incoronata principessa del mondo?!?
Non si può!
Eppure io mi sento una piccola, misera mammetta abbandonatrice di prole.
C'è la parte consapevole del mio cervello che mi dice "starà meglio che con voi, sarà curata e coccolata e, nello stesso tempo, voi due (che saremmo io e Amò) potrete concedervi il primo vero viaggio dopo 7 anni".
Ma c'è anche la parte viscerale di colei che ha messo al mondo un figlio e lo vuole proteggere ad oltranza.
La parte che continua a ripetermi: "stai a casa... non lasciarla, se ha bisogno di te, tu sarai lontano!"
In altre parole la mia parte viscerale mi fa sentire una piccola cacca.
Se a questo conflitto aggiungiamo che ho una folle paura di volare, il cerchio si chiude lasciandomi in uno stato di prostrazione pre-partenza che fa venire voglia a chi mi sta a fianco, di annullare tutto e di portarmi due giorni a Cesenatico.
Così, mi sto interrogando sull'idea del viaggio e di cosa esso rappresenti.
Un viaggio è una scoperta.
E' incontrare nuove culture.
E' osservare, imparare, confrontare.
Un viaggio è apertura.
Ma è anche un lasciarsi alle spalle la quotidianità.
Interrompere i gesti che si ripetono ogni giorno, la sicurezza della propria casa, dei propri cari, degli oggetti da cui ci siamo, nel tempo, circondati.
E per una maniaca del controllo quale sono, questa parte del viaggio crea non poche difficoltà.
Innanzitutto, un po' per lo stesso motivo per cui amo tanto guidare la macchina, per partire serena dovrei essere io a pilotare l'aereo.
Non avendo ancora un brevetto di aviazione sarò costretta a cedere i comandi dell'aeromobile al capitano e mi accontenterò di supervisionare il volo dal finestrino, mantenendo il contatto terra-aria con lo sguardo, utilizzando tutti i miei sforzi telecinetici per sostenere il peso dell'aereo e mantenerlo sospeso in aria.
Dovrò rimanere vigile ed attenta a scattare verso le uscite di sicurezza e dovrò leggere almeno quattro volte le istruzioni di apertura del giubbotto di salvataggio memorizzandole alla perfezione.
Inutile dire che questo duro e tutt'altro che rilassante lavoro, protratto per 3-4-12 ore, mi porta ogni volta alla meta sfinita, come se in vacanza ci fossi arrivata a nuoto.
Una volta, ho seguito il consiglio di qualche genio di prendermi un tranquillante.
Il problema è che l'idea di avere in me una pasticca che stava agendo sulla mia mente ha raddoppiato la mia ansia e sono stata malissimo per tutto il volo, addormentandomi di botto solo a casa, mentre cercavo di ingurgitare una forchettata di fusilli al pomodoro, durante la cena.
In quell'occasione devo aver talmente rotto le palle che Amò mi ha lasciato dormire sulla tovaglia fino alle 3 del mattino, quando mi sono svegliata tossendo, mentre il fusillo, in bocca da circa due ore, provava a soffocarmi.
Ma superato il piccolo scoglio dell'aereofobia, che comunque non mi ha  mai impedito di viaggiare e che spero prima o poi passerà, è indubbio che ogni viaggio arricchisca la nostra vita, nutrendola con qualcosa di nuovo da ricordare, da raccontare e da mettere in pratica.
Per cui vale sempre la pena partire!
Abbiamo stabilito di comune accordo un tour che ci piacerebbe fare, ci siamo muniti di una bella Lonely Planet (che considerate le tante compagnie low cost ormai è più cara del biglietto aereo!) e siamo in attesa di partire.
Io ho iniziato a seguire un corso on line di arabo.
Giro per casa da un paio di giorni, sbiacicando salam-aleikum, waleikum salama, tanto per calarmi nella parte e rendermi inevitabilmente conto che, tutti i marocchini parleranno italiano e sarebbe stato sufficiente sfoderare un cordiale " buongiorno".
In compenso però non ho ancora pensato ai bagagli.
Credo che porterò solo un paio t-shirt e qualche bermuda, anche perché il resto dei 24 chili di bagaglio disponibile sarà occupato dalla valigetta dei medicinali.
Ho stilato una perfetta lista di pronto soccorso, con materiale che spazia dal disinfettante all'antibiotico, il ché é tutto un dire sulla mia ipocondria.
Sono certa che quando rimarrò senza mutande pulite rimpiangerò le 32 scatole di tachipirina che hanno rubato il loro posto in borsa!
In compenso però ho comprato un nuovo paio di sandaletti da trekking che non vedo l'ora di distruggere tra le sabbie del deserto, cavalcando il mio dromedario.
Ho già avuto un'esperienza coi cammelli in Oman e onestamente pensavo fossero un po' meno alti. Vederli avanzare verso di me dondolando a destra e sinistra il loro muso ha avuto un nonsoché di inquietante.
Amó sa come sono fatta così mi lascia fare.
Sa benissimo che per i primi due giorni mi lamenterò di tutto per poi finire felice sulla soma di un somarello ad esplorare le medine di Fez con lo sguardo soddisfatto.
Sa che mi faró spalmare l'olio di argan sulle gambe, che mi commuoveró quando sarà ora di tornare e che, inevitabilmente, lascerò un piccolo pezzo del mio cuore anche in questo paese.
Ci é abituato ed é per questo che non vede l'ora di andare nonostante stia sfracassando le scatole da una settimana. (L'importante é esserne consapevoli!)
Io mi aspetto di tornare leggera. Piena di entusiasmo, di nuovi colori e nuovi sapori.
Mi aspetto di avere un sacco di foto da mostrare alla mia piccola, un sorriso più sereno, un cuore arricchito da nuove amicizie e da un amore che, per tanti motivi, ha bisogno di prendersi un po' di tempo e di camminare con calma.
Poi, al ritorno ci sarà sempre chi abbracciare con rinnovato amore.
Ed in attesa di nuove "cose che capitano solo a me" da raccontare, intanto vi saluto.
Speriamo sia un buon viaggio!
:-)








giovedì 27 marzo 2014

LA FASE PRE

Le mattine iniziano con la colazione.
Ci sono colazioni in cui l'attività più esaltante che riesco a porre in essere è quella di girare e rigirare il cucchiaino nella tazza di the.
Guardo il miele colare lentamente nel liquido ambrato, ascolto il titinnare dell'acciaio sulla ceramica ed osservo come si sciolga completamente nell'acqua calda, partendo da dorate linee astratte fino a scomparire del tutto.
I pensieri si perdono, il mento mollemente sorretto dall'altra mano, pian piano scende fino a quando le labbra toccano la tovaglia.
Alzo gli occhi e con disgusto guardo Amò intento a fagocitare soddisfatto un panino alla marmellata.
Mi arriva la sua voce.
Potrebbe indifferentemente dirmi "ti amo" o "sei una merda" che otterrebbe la stessa identica reazione.
Senza capirne il motivo, mi vede scoppiare a piangere e con voce lagnosa viene insultato perchè è colpa sua se è finito lo zucchero, è colpa sua se il   gatto è rimasto chiuso in cucina, è colpa sua se piango ed è colpa sua se l'Irpinia è stata rasa al suolo nel terremoto dell'80.
Signori e signore, ecco a voi la sindrome premestruale!!
Cammina in background nel cervello di una donna da dopo l'ovulazione fino a manifestarsi, in tutta la sua forza, qualche giorno prima del mestruo.
Con assoluta indiscriminazione colpisce ogni essere femminile.
Inspiegabilmente, in questo periodo, una donna mangia il doppio.
Ingurgita cioccolato a chili (pare che sia il bisogno di magnesio), biscotti, raddoppia le porzioni di pasta e risotto ai funghi.
Qualche volta cade nella tentazione di comprare quelle caramelle gelatinose e quelle liquerizie ripiene che ungono i vasi delle tabaccherie.
Come se fossero uno spuntino ipocalorico, le infili in bocca, una dopo l'altra, pensando: "questa è l'ultima, questa è l'ultima...", ma continui, fino a quando il bolo plastico-zuccheroso che si è materializzato nel tuo stomaco ti fa venire la nausea.
Poi, gonfia come un pallone, ti guardi allo specchio, ti metti di profilo e vedi una pancetta dura e rotonda più del solito e sei costretta a rifarti un altro the caldo, nel quale rigirerai il cucchiaino per le successive due ore di catalessi.
Punto uno.
Punto due non è semplice far capire a chi ti dice "buongiorno", il perchè del tuo sguardo truce, della tua voce stridula e del tuo mascara mezzo colato.
Stamattina, mi sono presentata alla prima seduta dall'osteopata col rigagnolo di una lacrima che ha cancellato tutta la terra dalla guancia.
Sì, perchè nella fase premestruale una donna piange e lascia le cose a metà.
Non ha voglia di rimettere a posto il trucco.
A volte non ha voglia nemmeno di fare un abbinamento decente coi vestiti.
I panni stesi ad asciugare restano lì fino a quando non raggiungono la morbidezza di un'asse di legno e le faccende domestiche si riducono all'indispensabile.
Senza contare che si diventa irritabili e sbadate.
Personalmente faccio cadere tutto: il bicchiere mentre verso l'acqua, i biscotti mentre li ripongo in dispensa, il sapone mentre mi lavo le mani, il telefono mentre rispondo.
Amò mi guarda e commenta: "sei sempre tu...."
Un commento che potrebbe anche avere un nonsochè di carino ma che, in quei giorni, pare essere un'offesa inaccettabile in grado di far scaturire una lite furibonda che si trascina, tra silenzi ed occhiatacce, fino a tarda notte.
Poi, arriva il giorno in cui ti siedi sul water per fare pipì e trovi una macchietta rossa sugli slip.
Fumata bianca.
E tutto torna alla normalità.
Il cucchiaino ricomincia a camminare nel the, giusto i quattro secondi necessari a sciogliere il miele, lo sguardo alza il livello pomo d'adamo del tuo interlocutore, le mani aggiustano la presa, il sorriso torna ad albergare sul tuo viso.
Se lui ti dice "ti amo" sei in pieno  potere mentale di rispondere "anche io..." (o "io no...." ma questo non è il punto focale della cosa).
Se lui ti dice "sei una merda" puoi anche rispondere"anche tu..." (difficilmente immagino si possa rispondere "tu no...." a meno che non si possegga un grande spirito di fratellanza cristiana).
In ogni caso, se ti dice"sei sempre tu..." puoi vedere il bicchiere mezzo pieno e considerarla una cosa positiva nonostante nella frase possano coesistere mille significati subliminali!!
Ma di tutto questo affare pre e post mestruale l'uomo cosa ne pensa?
Io ho il dubbio che non ci creda  o che sia costretto a crederci per non impazzire.
Lui. Lui che è triste se c'è qualcosa di reale per cui dispiacersi, lui che è incazzato se perde la sua squadra di calcio ed è felice se la sera trova una cena calda ed un eventuale caldo dopo cena, lui che piange solo quando ha la congiuntivite.
Lui, come fa a credere al fluttuare degli sbalzi ormonali di una donna?
Discutendo delle differenze tra uomo e donna, qualcuno un tempo mi disse: "voi avete il ciclo, noi abbiamo la barba da farci tutti i giorni"
Come se le due cose fossero paragonabili.
Come se il crescere di un po' di peli sul viso creasse un qualsiasi sconvolgimento nell'affrontare la giornata.
Come se una donna potesse decidere liberamente se avere o non avere il ciclo con la stessa tranquillità con cui un uomo può decidere di farsi o non farsi la barba.
Vorrei che per un mese, solo per un mese, ci si potessero scambiare i sessi.
Vorrei vedere se Amò comprerebbe il tofu ed il seitan o quattro Kinder Pinguì ed un panino alla mortadella!!
Mi piacerebbe vedere la sua faccia quando gli commenterei "ah... sei sempre il solito" la prima mattina che un mirtillino gli cade per terra!
(nel caso non si capisse... anche io sto aspettando che arrivi il ciclo!!!)
Mi alterno tra momenti di commozione ed attimi di acidità corrosiva.
Il mio problema (ma soprattutto quello di Amò) è che il mio ciclo non è regolare.
Motivo per il quale, il mio premestruo (e quello di amò) dura circa un mesetto....di pari passo con le nostre probabilità di separazione. ;-)
Per fortuna un mesetto ogni due ci lascia il tempo di recuperare.
Credo sia questo il motivo per cui siamo ancora insieme.
Sono certa che se i miei tempi fossero stati più ravvicinati sarebbe già scappato a gambe levate.......
ed io a corrergli dietro gridando "se ce l'avessi tu!!!!"
Porta pazienza Amò......
:-)

sabato 15 marzo 2014

Un nuovo modo di fare Plin Plin.

"Tesoro, che lavoro fanno i tuoi genitori?"
E'  da questa domanda, ma soprattutto dall'innocente risposta di mia figlia, che ho iniziato a pormi serie domande sulla nostra affidabilità di genitori.
"La mia mamma fa i mercatini dell'usato, il mio papà canta e suona".
In effetti dalla sua descrizione, diamo l'immagine di una famiglia di fricchettoni incapace di garantirle un qualsiasi futuro che vada al di là del poterla abbracciare, con gli occhioni compassionevoli e le braghette sporche di fango, davanti alle parole "HO FAME", scritte sul retro della scatola dei cornflakes.
Il tutto mentre papà schitarra simpatiche melodie ed io vendo braccialettini di corda.
Non è proprio così.
O almeno non del tutto.
Il suo papà ha un rispettabile e soddisfacente impiego come musicista ed io... io effettivamente mi sono data ai mercatini del riuso nel fine settimana.
Premetto che chi fa i mercatini del riuso è un ambulante precario.
Non necessita di una licenza in quanto vende roba vecchia, va alla caccia di carabattole inutilizzate nei solai e prova a rivenderle per evitare di buttare nel pattume cose, magari in buono stato, che non trovano utilizzo nel suo menage quotidiano.
I frequentatori dei mercatini del riuso sono generalmente extracomunitari che hanno nella loro cultura l'usanza dello scambio e della contrattazione, persone poco abbienti che a poco prezzo cercano gli oggetti più disparati e persone che, invece, trasformano il giro tra gli improvvisati banchetti della domenica, in un'impervia caccia al tesoro.
Io faccio parte di quest'ultima categoria ed inseguendo il sogno dell'oggetto vintage che ogni volta spero di trovare, ho deciso di passare dall'altra parte del gioco e di trasformarmi in venditrice piuttosto che in acquirente.
E la cosa mi diverte a tal punto che trascorro la settimana setacciando con occhio indagatore le case dei miei parenti, girovagando tra le loro cose come un falchetto in punta e chiedendo: "posso venderla??".
Inutile dire che mia madre ha iniziato a nascondere servizi di piatti e soprammobili nel timore che io me ne appropri abusivamente e glieli venda a 1 euro.
"Mamma.... ti serve quella maglia? E quella padella? Bello quel vasetto!!"
"Non lo vorrai mica vendere?"
"Mah... se  non lo usi...."
E' con rassegnazione ed impotenza che si volta verso mio padre e commenta in dialetto: "Lino, sta ateint cl'at cheva anca i mudant!! " (Lino sta attento che ti porta via anche le mutande).
Lino d'altro canto è piuttosto insensibile a questa mia nuova attività.
Basta che non venda il pennello col quale, da quando è in pensione, sta compulsivamente ridipingendo tutto quel vede, mi lascia fare.
Comunque io trovo quasi liberatorio alzarmi alle cinque.
Per la paura di riaddormentarmi, dopo aver rotto le palle a tutti con le 4 sveglie che punto a distanza di 5 minuti l'una dall'altra, parto alle prime luci dell'alba, prendo posizione ed allestisco la mia postazione tutta da sola.
Chiacchiero con persone simpatiche, passo una giornata in cui, per certi versi, non sono io.
Posso indossare pittoreschi cappelli, posso legarmi foulard intorno alla testa, posso infilarmi occhialoni anni '70....  perchè in questi mercatini la regola è:  "più sembri vintage, più vendi" ed io adoro essere vintage.
Ma il vero  problema del mercatino non è tanto montare cavalletti, assi ed appendiabiti Ikea che per un centimetro non entrano nel baule della macchina senza essere svitati ogni volta.
Il vero problema è che dopo essermi bevuta un thermos di the tra le sei e le otto, arrivo alle dieci con un irresistibile bisogno di fare pipì.
Niente di più normale sennonché, da sola, non mi posso allontanare dal banco.
Così, sono stata costretta ad inventarmi una soluzione.
Dopo aver osservato ed un pochino invidiato il sesso maschile, a cui basta abbassare la zip, estrarre l'organo e mollare una pisciatina contro una pianta, ho deciso di rinunciare alle buone maniere, di fare come loro, senza possibilmente dare sfoggio del mio culo ai passanti.
Mi sono munita di un apposito strumento che ho ribattezzato "il piscio".


Si tratta di uno speciale dispositivo in vendita sia monouso in carta idrorepellente, che riutilizzabile, in silicone.
Questo pappagallo femminile, ha più o meno la forma di un piccolo imbuto, dove la parte conca si appoggia alla vagina e dove, chiamiamolo così.... "il becco" ....fa le veci del pene dirigendo la pipì in qualsiasi posto basta che non siano i propri piedi.
Dopo diverse prove effettuate in solitudine nel mio bagno, ho constatato che la parte più difficile sta proprio nel guidare il becco in modo che il getto di pipì centri il buco.
Ho finalmente capito dove molti uomini impieghino le loro forze.
Mi chiedo come faccia Amò a non lasciare gocce su copritazza, piastrelle e pedane. Evidentemente servirà una certa maestria anche nel fare quello,motivo per il quale lui, da quando ho acquistato "il piscio", gode della mia piena ammirazione.
In ogni caso credo che per ogni donna valga la pena trovare un buchetto tra mascara e rossetto anche per "il piscio", perchè evita devastanti contorsioni su water zozzi e maleodoranti.
Evita di ricoprire di carta igienica tutta la circonferenza del water, evita uno sforzo eccessivo alle coscie nel tentativo di restare piegate a metà, evita di slogarsi una caviglia nel caso in cui si provi a fare pipì salendo direttamente col tacco 12 sul water.
Il problema è che, mentre tu sei così felice di poter finalmente espletare i tuoi bisogni, orgogliosamente, in piedi e leggermente incurvata all'indietro (sempre per non inzupparti le scarpe) chi ti osserva da dietro sta sicuramente pensando che tu sia un transessuale.
Pensano che tu, donna, nasconda qualcosa tra le gambe.
Iniziano a scrutarti con occhio investigatore. Ti fissano proprio lì, in mezzo alle braghe per vedere se c'è un rigonfiamento che in te, donna, non dovrebbe esserci.
Successivamente controllano la misura dei tuoi piedi ed il tuo pomo d'Adamo, ti dicono qualcosa, qualsiasi cosa, solo per ascoltare se la tua voce è a posto.
Nel migliore dei casi ti offrono 50 euro.
Ecco perché consiglio di acquistare "il piscio" indipendentemente dai mercatini.
Si aprono nuove possibilità.
Di fatto, dopo aver contrattato per 6 o 7 ore, reinscatolato l'invenduto, salutato i nuovi amici me ne torno a casa... E sono così stanca che quasi quasi mi viene voglia di riprovare a fare pipì in piedi per evitare di svestirmi e rivestirmi.
L'importante è che non mi veda mia figlia.
Non si sa mai che alla domanda "cosa fanno i tuoi genitori?" aggiunga:
"Mio papà canta e suona, mia mamma fa i mercatini e la pipì in piedi!"
Ma roba da matti!!
:-)



lunedì 10 marzo 2014

LIEBSTER AWARD


Ebbene, ringrazio DOPPIOGEFFERCONGHIACCIO per avermi insignito di questo premio che, come al solito, richiede un lavoro piuttosto impegnativo ma che, in cambio, mi permette di aggiungere questo favoloso riconoscimento sul mio blog.
In pratica quello che si deve fare è:

1)Ringraziare chi ti ha nominata
2)Rispondere alle sue dieci domande
3)Nominare almeno dieci blogger con meno di 200 followers
4)Comunicare la nomina
5)Proporre dieci domande a cui debbono rispondere i blogger nominati

Cominciamo dal rispondere alla domande che la cara Doppiogeffer mi ha posto.

1)Qual è il tuo sogno nel cassetto?
E' un po' strano ma i sogni nel cassetto sono quelli che si mettono via. Ebbene io, in quel cassetto non ne ho ancora messo nemmeno uno, nel senso che sono convinta che i sogni siano eterni. Una cosa che desidero immensamente in questo momento é che Amò la smetta di provare i suoi pezzi hard core in salotto e che, dolcemente, porti il suo culo da un'altra parte!:-)

2)Qual è il tuo libro preferito?
Potrebbero essere tantissimi. Vado su Tre volte all'Alba di Baricco.

3)Se tu potessi esprimere un desiderio soltanto, cosa chiederesti?
Penso che riguarderebbe la salute e la serenità per tutte le persone che amo.

4)Credi nell'aldilà?
Non nel Paradiso. Credo che la nostra anima torni a vivere sulla terra in altre forme per finire quello che ha iniziato nelle vite precedenti. Chi vuole puó insultarmi.

5)Perchè mi segui?
Perché adoro il tuo senso ironico, il cinismo e la simpatia che metti nei post!
E perché anche io vorrei essere una studentessa universitaria in delirio!!!

6)Qual è il tuo primo pensiero appena sveglio/a?
"Oh no!!!!!  Ho dormito ancora sul divano!!!!!"

7)Hai un gesto scaramantico? Se sì qual è?
Le corna.... Tié!

8)Cosa avresti voluto fare "da grande"?
La stilista.

9)Riusciresti a stare un giorno intero senza internet?
Decisamente sì. Anche un anno.

10)Mi dai cinquanta euro?
Sì.... Tu però mi spedisci una vagonata di arancini???

Ora vi lascio le domande alle quali i "nominati" (c'é la tredicesima edizione del grande fratello!!! Sì sì, potete andare a Roma e dar fuoco alla casa... Possibilmente per sempre) dovranno rispondere.

1) se potessi entrare nel mondo delle favole, che personaggio vorresti essere? Perché?
2) chi é il tuo attore preferito?
3) dovessi cambiare città o paese, dove ti piacerebbe trasferirti?
4) hai mai collezionato qualcosa? Cosa?
5) hai mai dimenticato la tua prima cotta?
6) qual'é il tuo colore preferito?
7) qual'é il tuo peccato capitale?
8) di quale cibo non smetteresti di ingozzarti?
9) cosa ti piacerebbe ricevere per un ipotetico prossimo regalo?
10) da cosa non ti separeresti mai?

Ultimo ma non meno importante: i nominati!!!

http://firmatocarla.blogspot.it/
http://www.elisamaioli.blogspot.it/
http://pinksally.blogspot.it/
http://imnotgossipgirl.blogspot.it/
http://loveis-chiacchieresullamore.blogspot.it/
http://tiasmo.wordpress.com/
http://sonoqui.wordpress.com/
http://conamoreesquallore.blogspot.it/
http://goccedisabbia.wordpress.com/
http://stupidoamore.blogspot.it/


Buon lavoro!



sabato 1 marzo 2014

CENERENTOLA A CARNEVALE OGNI SCHERZO VALE

Mentre ancora la scatola coi resti del Pandoro mangiato a metà, fa bella mostra di sè, capovolta sul ripiano più alto della  cucina, siamo arrivati al Carnevale.
Senza nemmeno accorgercene, quando la dispensa inizia a riempirsi di chiacchiere, frittelle o di qualsiasi tipo di dolcetto fritto esistente, noi iniziamo a chiederci se, per caso, non sia giunto il momento di buttare via quel panettone.
Il panettone aperto, può venire ignorato per mesi dentro quello sportello come se godesse di una qualche particolare forma di vita propria,  come se quello zucchero a velo che lentamente si è trasformato in muschio, potesse ancora, in qualche modo restare mangiabile.
Comunque sia, nonostante il resistere del dolce natalizio, il tempo delle maschere ha superato quello dei babbi natali che giacciono già tutti inscatolati nelle soffitte.
Io ho sempre amato travestirmi anche se odiavo girare per ore sui carri intorno alla piazza.
Ricordo le sfilate della scuola coi vestiti cuciti dalla nonna. Un anno eri il dalmata della carica dei 101 e l'anno dopo, per ottimizzare la spesa del costume, toglievi le macchie nere ed eri un orso polare.
Un anno eri una coccinella, l'anno dopo, via guscio- zainetto ed antenne, cuciti attorno al collo quattro petali rossi ed eri un papavero.
Da ragazzina poi, l'anno in cui ero persa per un tipo dal ciuffo rockabilly, mi travestii da comparsa sfigata di Grease facendomi un sacco di viaggi mentali su noi due emuli di John Travolta ed Olivia Newton Jones. Inutile dire che ci rimasi malissimo quando me lo ritrovai travestito da prete. Assolutamente intoccabile.
Un anno invece, provammo a vincere un concorso in maschera. Io ed altre due amiche di allora. Ci travestimmo da angiolette con tanto di soffici ali e vestitino grigio cielo.
Non ricordo molto di quella sera ma mi è difficile scordare l'attimo in cui sul palco ci girammo spalle al pubblico ed azionammo le alette in su e in giù, tirando due corde a mo' di bretella, in un marchingegno di nostra invenzione che, oltre alla lussazione delle spalle per il peso, ci ha regalato il nono posto in classifica generale, nessun viaggio premio ed una buona dose di vergogna.
Ma io per Carnevale ho sempre sognato di essere una zingara.
Non le zingare con la borsa Borbonese che vediamo uscire dal Conad spingendo carrelli stracarichi.
No. Perdura in me l'immagine romantica della zingara che viaggia in un carrozzone in legno, con gli orecchini a cerchio e la rosa tra i capelli, le labbra rosso fuoco e la sfera di cristallo tra le mani.
Il vero problema è  che io non avevo niente da  mettere dentro quei corpetti dai lacci incrociati che avrebbero dovuto sostenere seni importanti. E a meno che non ci avessi infilato dentro la stessa sfera di cristallo con effetto monotetta, sarei sembrata più una piccola pastorella che una procace gitana.
Però martedì, martedì grasso, anche la mia piccolina è andata alla sua prima festa di carnevale
Lei ha scelto di vestirsi da principessa.
Un'idea abbastanza originale considerato che su 15 bambine solo 14 erano principesse!!!
La quindicesima era vestita da Peppa Pig.
Pizzi a gogò, cappellini, roselline, borsette e coroncine piumate.
I bambini invece erano un piccolo esercito di cowboy, pirati, guerriglieri e supereroi con tutta una serie di civili accessori quali martelli, spade, pugnali, pistole e fruste.
 Mi sono seduta su una sedia e li ho osservati tutti, maschi e femmine.
Ha iniziato a frullarmi in testa l'idea che tutto parta da qui.
L'infelicità della donna sta nella sindrome di Cenerentola.
A cinque anni il sogno più grande di una bambina è quello di vestirsi da principessa. Vuole andare al ballo con l'abito delle favole, quello più bello. Si agita già prima di prepararsi, smerciando ordini a destra e a manca all'ancella declassata al ruolo di schiava (ossia la mamma) di fare tutto come lei desidera: il trucco, l'acconciatura, l'abbigliamento.
Si guarda con vanità allo specchio, cerca conferma, si smania per arrivare dove deve andare con la speranza nel cuore di essere la più bella.
Già nella sua inconsapevolezza a 5 anni una donna entra e se la tira pure un pochino.
Po incontra il maschio. Il maschio di solito è già lì perchè per infilarsi la tuta da marine ci ha messo più o meno 20 secondi. Non gli piace molto essere truccato quindi al di là di un baffetto veloce non vuole impasticciarsi il viso che poi dovrà lavarsi troppo a lungo.
Al maschio di 5 anni della principessa non gliene frega un cazzo.
Non la guarda nemmeno a meno che lei non tenti di fregargli la pistola, la bomba a mano o le stelle filanti.
Non un "come sei bella", non un "che bel vestito che hai". Il maschio di 5 anni sta scorrazzando con un suo simile cercando di ucciderlo, di buttarlo a terra, di lottare sul pavimento possibilmente dopo aver mangiato due pezzi di pizza ed una fettina di salame.
Il vero problema è che la donna prova sempre, in qualsiasi modo, a piacergli. Così si adegua.
Le principesse si invaghiscono dei guerriglieri e dei pistoleri e, sollevando le vesti, scorrazzano inseguendoli coi loro lunghi strascichi che vengono sporcati e pestati. Cercando di mantenere un certo aplomb, finiscono per ricevere spintoni e strattoni fino a cadere per terra ed, immancabilmente, per piangere.
Non piangono per il male. Piangono perchè non è come si aspettavano fosse.
Ed inizia la loro piccola lezione di vita, alla festa dei cinque anni, un cliché che si ripresenterà a rotazione fino ai 25.
Aspettative, disillusioni, risate alternate a lacrime.
Mi chiedo se con l'età i maschietti arriveranno ad addolcirsi un po'.
Mi chiedo se con l'età le femmine proveranno a non innamorarsi del pirata sguercio ma cercheranno qualcosa che le farà soffrire di meno.
Mi chiedo come mai nessun bambino maschio si sia vestito da principe azzurro.
Eppure c'erano tante principesse che lo stavano aspettando.
Pensandoci bene mi sa che il vestito da principe azzurro non lo vendano nemmeno.
Probabilmente non va di moda. Da adesso fino ai 35.... e la colpa è anche un pochino delle donne e delle loro idee contorte.
Il principe azzurro deve essere azzurro dentro però deve arrivare vestito da stronzo.
Perchè, diciamolo, se non ci promette di farci piangere fino alle budella non lo vogliamo.
Perchè un pochetto noi donne ce l'abbiamo nel DNA quella vena di sadismo che ci fa godere se lui non ci guarda. Nemmeno se sei vestita da principessa.
E poi siamo bravissime a fabbricarci le favole. A tesserci bugie così contorte delle quali ci convinciamo con tutte noi stesse. Sappiamo il perchè ed il per come lui ci dice che non ci ama però ci ama. E' un po' come il bambino che ti snobba però tu pensi che in realtà con te ci voglia giocare.... non subito.... dopo. Tanto vale aspettare. Le principesse aspettano.... tanto prima o poi il principe deciderà bene di toglierselo quel vestito da stronzo!
Ma la verità è che se uno è uno stronzo non è un principe.
Non esistono vestiti.
Con calma.... verso i 35 una donna arriva a capirlo. Nel mentre, dai 5 ai 35 fa le prove.
Comunque alla festa c'erano tanti Peter Pan in giro. E' su di loro che va la mia speranza.
Oppure su quel bambino che, travestito da carabiniere, giocava a fare la guardia da solo, mano tesa alla fronte, spalle alla colonna, fermo immobile per buona parte della festa a sorridere sereno. Ecco quello sarebbe una sicurezza avercelo in famiglia.
Peccato che a metà festa un attacco di mal di pancia l'abbia costretto ad abbandonare la festa... e senza servizio d'ordine il caos più totale abbia regnato sovrano.
Le principesse hanno levato le vesti e sono tornate bambine, rosse e sudate tanto quanto i maschi. Gambe forti per correre e fiato quanto basta per urlare un'altra oretta.
Chi non ha desistito è stata la piccola Peppa pig.
Imperturbabile, nella sua vestina rossa con la codina a ricciolo. Sempre fedele al suo personaggio, lieta e sorridente ha smangiucchiato un sacco di ciambelline, ha giocato vicino alla sua mamma e non è stata rasa al suolo da nessun pistolero.
Chissà.... magari, con la sua semplicità, senza giocare ad essere nessuna al di là di se stessa, senza invidiare costumi più pomposi di quello che lei già aveva ed infischiandosene degli uomini, chissà..... magari nel suo destino c'è davvero un futuro da principessa!!!


sabato 22 febbraio 2014

E non si può non dire San Remo....

Io non ho visto San Remo. Nemmeno un minuto.
Quando ero piccola mia mamma la sera di San Remo faceva i cappelletti.
Io registravo le canzoni sulla cassettina davanti alla tv, venivano come venivano.
Di solito piuttosto da schifo.
Mi faceva scrivere i nomi dei cantanti in gara, fermandosi con un sospiro dal tirare la sfoglia quando compariva Christian.
Finiti i cappelletti era finito anche il festival, e tutti a letto col nome del vincitore su cui rimuginare durante il sonno.
C'era la classifica.
Sapevi chi era lo sfigato che arrivava ultimo e, tra tutte le polemiche, lo sfigato che arrivava primo.
C'era il toto valletta.
E c'erano Al Bano e Romina che cantavano "Felicità" per mano prima di picchiarsi in tribunale.
Mi piaceva molto San Remo.
Poi, nell'86 ho subito il mio trauma infantile.
La comparsa di Luis Miguel vestito di bianco tra i fiori dell'Ariston, mi ha buttato in una profonda depressione pre adolescenziale.
Il momento in cui ho capito che avrei potuto continuare a baciare lo schermo per mesi e che lui, il RAGAZZO DI OGGI NOI, non sarebbe uscito dalla scatola magica, mi ha fatto a pezzi.
Ho ballato con il suo fantasma, ho pianto davanti al poster di Cioè e Dio solo sa cosa ho fatto coi miei orsacchiotti, ma non ho più guardato San Remo.
Quest'anno ci ho riprovato ma la prima volta c'era la Casta che usciva da una banana, la seconda volta c'era la Smutniak incinta di non so chi dato che Tarricone, pace all'anima sua, è morto e la terza c'era la pubblicità.
Poi io i cappelletti non li so fare.... Christian avrà 80 anni e mettere a letto mia figlia mi impegna per circa un'ora e mezza.
Se escludiamo che gli appostamenti in giardino per far rientrare il coniglio nano si portano via il resto della mia serata, non ho avuto molte possibilità di seguire il festival.
Da una rotolata veloce su Facebook mi è parso di capire che stasera però ci fossero Crozza e Ligabue.
Mi è dispiaciuto essermeli persa... ma credo che potrò sopravvivere fino a domani, quando i tg e Youtube li riproporranno  ad oltranza.
Chi non so se sopravviverà è invece il coniglio nano perchè stavolta non ce l'ho fatta a prenderlo.
L'ho attirato col cibo in lavanderia agitando il sacchetto per farmi sentire, l'ho rincorso con una scopa addentrandomi nella siepe, mi sono appostata al buio dietro agli scuri della porta finestra.
Quando i vicini stavano per chiamare il 112 ho deciso di mollarci e di abbandonarlo alla gelata notturna con la speranza che almeno entri nella casetta che gli ho preparato.
Entro domani sera conto di sapere anche chi ha vinto.... sarà una bella canzone che sentiremo per un po' mentre riempiremo il carrello al supermercato.
Volenti o nolenti, telespettatori o belli addormentati sul divano, televotanti o telefonanti in ansia dal blocco di "what's up" tutti ne abbiamo parlato.
Pure io che farei meglio a starmene zitta.
E mi è venuta una gran voglia di riguardarmi Luis Miguel.
Ho cercato il link e mi sono rivista la sua performance e sono rimasta sconvolta.
A distanza di quasi vent'anni mi ha shokkato ancora una volta.
E' uguale al mio coniglio!!!


Stessi denti, stessi occhi, stesso modo di muoversi impacciato.
Mi sono sentita così in colpa che mi è toccato correre fuori a cercarlo..... spero di farcela a prenderlo prima che venga mattino.
Intanto Buona notte!!!

mercoledì 12 febbraio 2014

UN VENERDI' AL MERCATO

Venerdì, dopo 10 anni, sono andata al mercato di Reggio Emilia.
Credo che ci tornerò, forse, tra altri 10 anni.
Non so cosa mi aspettassi. Rimaneva l'illusione di ritrovare la città che percorrevo nelle mattine in cui facevo cabò da scuola.
Si faceva spesso "fuga" da scuola, specialmente al venerdì, specialmente quando c'erano due ore attaccate di matematica con quell'insegnante che in 5 anni, la cosa più carina che mi ha detto è stata "Aguzzoli, ti vesti come una puttana".
Direi un ottimo incentivo per ripresentarsi alle sue pallose lezioni di funzioni, teoremi e parentesi tonde, quadrate, graffe che nella vita ho ritrovato solo nei ricamini sulla carta igienica, nei momenti di totale relax nel mio bagno.
Comunque, durante la sua spiegazione, io ero in giro per il centro, con l'Invicta sulle spalle, il cornetto del mio bar preferito nella pancia e tanta voglia di vita in giro.
La via Emilia, percorsa di soqquatto, saltando furtiva da una colonna del porticato all'altra, offriva uno spaccato di quello che era una città viva.
Lavoranti in giacca e cravatta, persone sorridenti che passeggiavano, vetrine colorate e negozi pieni di gente.
Per la cronaca io vestivo quasi sempre coi Jeans ed una giacca in pelle marrone.
Quel che di quella professoressa mi è rimasto nel tempo è il dubbio di cosa, nel mio outfit, non le andasse giù.
Il Martedì e il Venerdì poi c'era il mercato pieno di colori, bancarelle con abiti firmati, scarpe in pelle (cosa ormai introvabile) ed un sentore di allegria che folleggiava nell'aria.
La settimana scorsa ho visto la mia città agonizzante in un grigiore che ti spinge sull'orlo della depressione.
Ho parcheggiato l'auto in un grande parcheggio gratuito fuori dal centro e con il tram ho raggiunto quello che dovrebbe essere il cuore della città.
Già prendere il tram è stata un'esperienza indimenticabile dato che gli autisti non ti dicono nemmeno buongiorno.
Ti guardano salire con quel leggero ghigno che lascia supporre che, se potessero, ti stritolerebbero in mezzo alle porte automatiche.
Mentre cerchi di aggrapparti a qualcosa, qualsiasi cosa che non sia il pene del tuo vicino che ti guarda eccitato, provi a mantenere un contegno mentre ballonzoli a destra e sinistra a seconda del verso della curva presa con la delicatezza di un pilota di formula uno.
Ascolti interessanti discorsi che preferiresti non sentire, di poveretti che hanno investito i loro averi nell'ultima sala giochi sbucata al posto del panettiere e speri che ci sia una fermata vicina al luogo in cui vorresti scendere al più presto.
Sì.... perchè dopo 10 anni che non prendi un tram, mica lo sai dove ferma!!!
Per non rischiare di ritrovarmi in piena campagna, sono scesa in un punto che probabilmente era ad un paio di chilometri dalla meta, uccidendo i sogni erotici del mio vicino di bus, che quasi non riusciva più a trattenere le mani.
Mi é sorto il dubbio che questa specie di persone sia parte integrante del biglietto. Paghi un euro per la  tua corsa, maniaco incluso.
I negozi più belli della via Emilia non ci sono più.
Restano vetrine vuote, tristi pavimenti con calcinacci caduti dal soffitto, qualche striscia di carta mollemente penzolante dalle porte e vari cartelli, rimanenze di saldi per cessata attività.
Le bancarelle altro non offrono che montagne di schifezze.
Non montagne di vestiti, rimanenze di stock o partite di cose firmate.
Solo rimanenze di quelle cose che probabilmente tu hai buttato nella raccolta di abiti credendo di aiutare i bambini del Madagascar e invece ritrovi in vendita qui, a un euro tre pezzi.
E la cosa più triste è che c'è una calca di gente inimmaginabile che si scazzotta per cercare il terzo pezzo a 0,33 periodico (fanculo la mia prof.) accontentandosi della maglietta con la patacca di olio piuttosto che del reggiseno dal pizzo smollato dagli eccessivi lavaggi in lavatrice a 60°.
Ti guardi intorno e vedi i due leoni di piazza San Prospero che stanno per addormentarsi.
Una volta, tanto per fare i cretini, ci si sedeva sopra.
Oggi è vietato.
Non si sa mai che il tuo culo sfondasse la pietra rosata in cui vennero costruiti.
Potevi immaginare di cavalcare Simba, e non avevi nemmeno lo smartphone per farti la foto, ma sorridevi.
Un mercantino urlante ha attirato la mia attenzione: "donne!! non aprite le confezioni di collant!!" "insomma!!! non aprite i collant". Ho immaginato quest'uomo tirare fuori una mazza e prendere a bastonate le donne impazzite. Suppongo che prima di mezzogiorno tre o quattro siano finite in fila al pronto soccorso per aver smangiato un collant 20 denari color daino.
Io non ho visto nessuno sorridere.
Ho visto solo una moltitudine di gente informe, dentro cappotti grigi e giacche a vento che sapevano di grigio.
Una società multietnica dove la maggior parte delle donne indossava un velo in testa.
Avresti potuto essere benissimo nella piazza del mercato di Marrakech, con la differenza che qui mancavano i colori ed i profumi delle spezie.
C'erano profumi sì. Ma non di spezie.
Ogni tanto mi annusavo le ascelle per essere certa di non essere io a puzzare così.
Non si sa mai: la camminata, la botta ormonale del maniaco del tram, il pre-mestruo...
Fortunatamente non ero io. L'odore era proprio in giro, nell'aria pesante.
Ho deciso di  comprarmi una pizza. Lì nella piazza c'è un forno storico.
Un forno che fa una pizza morbida e calda. Non propriamente leggera, ma davvero buona.
Ho deciso di entrare.
Cazzo. Ci vuole la laurea.
Prendi il numero. Prendi la pizza. Ti danno la tessera per il cibo. Paghi il cibo. Prendi il bere. Paghi il bere, 0,15 cent la borsina, saluti, nessuno ti caga, picchi quattro persone e riesci ad uscire.
Torni in mezzo alla folla, sei così nervoso che picchi altre due persone ed inizi a mangiare la pizza.
Però ti accorgi che non ti hanno dato nemmeno un tovagliolino e la vita vuole che una donna, dopo il secondo compleanno del figlio, smette di portarsi in borsa le salviettine umidificate.
Così ti arrabatti cercando di lavarti le mani con l'acqua della bottiglietta prima di succhiarti le dita sgocciolanti di pomodoro e loro, quelli delle tre magliette a un euro, ti guardano come una pezzente.
Sto mangiando una pizza.
Non sto rubando una borsa, non sto cavalcando il leone, non sto chiedendo l'elemosina, non sto molestando qualcuno sul tram.
Sto solo mangiando una pizza.
Ho deciso di ritornare al parcheggio.
Ho incontrato per caso il tram giusto. Ho dovuto accelerare un po' il passo per evitare che  l'autista mi passasse davanti col dito medio alzato e sono tornata alla mia macchina.
Il clou dei discorsi dell'autobus sono passati dagli investimenti nelle sale gioco alle visite mediche a pagamento.
Mi sono intristita anche io.
Di tutto al mio giro al mercato ho comprato solo due paia di calze per Amò.
Se non me le avesse commissionate non avrei preso nemmeno quelle.
Come dicevo all'inizio credo che ci tornerò forse tra altri dieci anni.
Non so... sono rimasta delusa dalla mia città, delusa dal fatto che non ci ho trovato più nulla di colorato.
Ho rimpianto la mia professoressa che mi guardava con disprezzo per non so cosa.
Se in quinta superiore avessi immaginato che vent'anni dopo i ragazzi che fanno cabò si sarebbero ritrovati a passeggiare in mezzo a questa tristezza gliel'avrei detto: "grazie Prof., grazie per avermi trattato così. Almeno durante le sue ore mi sono divertita in giro per Reggio!!!.... se nel mentre lei fosse andata in pensione, e per andare al mercato dovesse prendere il tram ecco.... il tratto Foro Boario - Piazza Gioberti è servito benissimo... stesse per cadere, sa dove attaccarsi!!"
:-)