domenica 27 aprile 2014

SFIDA A COLPI DI POESIA

Ok... É la prima volta ed accetto la sfida che Firmatocarla mi ha lanciato!
È una sfida a colpi di poesia per cui dovrò scrivere un'ape sia che amo, rilanciare la sfida ad altre 5 blogger che avranno ben 24 ore di tempo per fare altrettanto.
Nel caso non accettassero dovranno regalarmi un libro.

Bene, detto questo la mia poesia si chiama come me.
Barbara di Jacques Prévert.
Mi piace molto di più in francese così posto le due versioni!

Barbara di Jaques Prévert - versione italiana

Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua quel giorno su Brest
E tu camminavi sorridente
Raggiante rapita grondante, sotto la pioggia
Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua su Brest
E t'ho incontrata in rue de Siam 
E tu sorridevi, e sorridevo anche io 
Ricordati Barbara 
Tu che io non conoscevo 
Tu che non mi conoscevi 
Ricordati, ricordati comunque di quel giorno 
Non dimenticare 
Un uomo si riparava sotto un portico 
E ha gridato il tuo nome 
Barbara 
E tu sei corsa incontro a lui sotto la pioggia 
Grondante rapita raggiante 
Gettandoti tra le sue braccia 
Ricordati di questo Barbara 
E non volermene se ti do del tu 
Io do del tu a tutti quelli che amo 
Anche se non li ho visti che una sola volta 
Io do del tu a tutti quelli che si amano 
Anche se non li conosco 
Ricordati Barbara, non dimenticare 
Questa pioggia buona e felice 
Sul tuo viso felice 
Su questa città felice 
Questa pioggia sul mare, sull'arsenale 
Sul battello d' Ouessant 
Oh barbara, che cazzata la guerra 
E cosa sei diventata adesso 
Sotto questa pioggia di ferro 
Di fuoco acciaio e sangue 
E lui che ti stringeva fra le braccia 
Amorosamente 
È forse morto disperso o invece vive ancora 
Oh Barbara 
Piove senza tregua su Brest 
Come pioveva prima 
Ma non è più cosi e tutto si è guastato 
È una pioggia di morte desolata e crudele 
Non è nemmeno più bufera 
Di ferro acciaio sangue 
Ma solamente nuvole 
Che schiattano come cani 
Come cani che spariscono 
Seguendo la corrente su Brest 
E scappano lontano a imputridire 
Lontano lontano da Brest
Dove non c'è più niente

Barbara di Prévert - Versione originale

Rappelle-toi Barbara
Il pleuvait sans cesse sur Brest ce jour-là
Et tu marchais souriante
Epanouie ravie ruisselante Sous la pluie
Rappelle-toi Barbara
Il pleuvait sans cesse sur Brest
Et je t'ai croisée rue de Siam
Tu souriais, et moi je souriais de même
Rappelle-toi Barbara
Toi que je ne connaissais pas
Toi qui ne me connaissais pas
Rappelle-toi, Rappelle-toi quand même ce jour-là
N'oublie pas
Un homme sous un porche s'abritait
Et il a crie ton nom
Barbara
Et tu as couru vers lui sous la pluie
Ruisselante ravie épanouie
Et tu t'es jetée dans ses bras
Rappelle-toi cela Barbara
Et ne m'en veux pas si je te tutoie
Je dis tu a tous ceux que j'aime
Même si je ne les ai vus qu'une seule fois
Je dis tu a tous ceux qui s'aiment
Même si je ne les connais pas
Rappelle-toi Barbara, n'oublie pas
Cette pluie sage et heureuse
Sur ton visage heureux
Sur cette ville heureuse
Cette pluie sur la mer, sur l'arsenal
Sur le bateau d'Ouessant
Oh Barbara, quelle connerie la guerre
Qu'es-tu devenue maintenant
Sous cette pluie de fer
De feu d'acier de sang
Et celui qui te serrait dans ses bras
Amoureusement
Est-il mort disparu ou bien encore vivant
Oh Barbara
Il pleut sans cesse sur Brest
Comme il pleuvait avant
Mais ce n'est plus pareil et tout est abîmé
C'est une pluie de deuil terrible et désolée
Ce n'est même plus l'orage
De fer d'acier de sang
Tout simplement des nuages
Qui crèvent comme des chiens
Des chiens qui disparaissent
Au fil de l'eau sur Brest
Et vont pourrir au loin
Au loin très loin de Brest
Dont il ne reste rien.
Ed  ora lancio la sfida a 



Buon lavoro!!!

giovedì 24 aprile 2014

Racconto semiserio di un viaggio in Marocco - parte 1 (della partenza e dei matti)

Con sforzi difficilmente ripetibili Amò è riuscito a trovare il parking per Malpensa al prezzo più basso possibile. Un prezzo così irrisorio per nove giorni di sosta al coperto, per il quale dubito che al nostro rientro ritroveremo ancora l'auto o che, al massimo, la riprenderemo intatta!!
 I miei sospetti si rafforzano quando tra decine e decine di frecce, l'unico parcheggio di cui non c'è segno di esistenza, è proprio il nostro.
Fortunatamente, dopo un lento girovagare tra i dintorni dell'aeroporto, là, seminascosto, ultimo in fondo, un capannone solitario smentisce tutti i miei dubbi.
Il parking c'è sul serio!
Veniamo caricati su un furgoncino sgangherato con un fantastico specchietto retrovisore rosa shokking ricavato da uno di quegli specchi che usa mia nonna, debitamente incollato alla portiera con ripetuti giri di nastro da pacchi.
Sbrigate le formalità aeroportuali, mi faccio il segno della croce e salgo sull'aereo con la stessa verve con la quale mi accomoderei distintamente dentro ad una bara.
Esulto per il posto "lato finestrino" che mi è stato assegnato e mi preparo a pilotare mentalmente l'aereo fino a Barcellona.
Ho letto da qualche parte che se ognuno di noi consumasse qualcosa, tipo un panino od una bibita dal servizio bar delle compagnie aeree low cost, il Sig. Ryan Air o il Sig. Easy Jet potrebbero farci viaggiare senza pagare il biglietto.
Così, per scaramanzia, tanto per devolvere un po' di Euro alla sicurezza di voli futuri, mi becco una bottiglietta d'acqua che mi è costata tanto quanto il parcheggio di Amò.
"Avevo sete!! " mi giustifico con la gola secca, mentre lui mi guarda allibito.
Non parla, ma immagino mi stia dando della "polla".
Sbarchiamo a Barcellona dopo un'oretta abbondante di volo.
Vale la pena andare a  Barcellona solo per scendere in aeroporto.
Potresti andare in vacanza a Barcellona e girovagare una settimana dentro al Terminal Uno senza mai uscirne.
Bar, negozi, uno store del Barça che ti fa venire voglia di comprarti una muta da calciatore anche se del calcio non sai nulla, anche se non ricordi Byron Moreno e i mondiali del 2002.
E poi la gente parla con quella "R" arrotata tipica degli spagnoli e quella "s" così sexy che ti viene voglia di restarci per sempre lì, a vagare col tuo trolley e a spiluccare tapas e coca cola.
Noi purtroppo dobbiamo correre, niente maglia blaugrana e niente espadrillas. Dobbiamo salire di corsa su un altro aereo diretto a Tangeri.
Fanculo il Sig. Vueling, stavolta non bevo niente.
Mentre sono estasiata da quello che riconosco come lo stretto di Gibilterra decido di rilassarmi e godermi l'atterraggio.
Vi consiglio vivamente Amò come compagno di viaggio.
E' in grado di dormire dal decollo all'arrivo.
Se l'aereo traballa per più di 5 minuti, avrete la possibilità di vederlo aprire l'occhio sinistro, per poi richiuderlo ed addormentarsi più profondamente, cullato dal dondolio che, suppongo, riporti il suo io alla primissima infanzia.
Tranquilli però... in pieno attacco di panico potrete contare su una sbavellata
proprio sulla spalla, vi distrarrete per recuperare un kleenex e  cuore e respiro torneranno alla normalità!!
Toccata terra, compiliamo i ticket per i visti di ingresso in Marocco e ci mettiamo in fila per il controllo passaporti.
Inizi a capire che qui non ci vuole fretta.
Mentre la nostra borsa passa e ripassa sul nastro trasportatore al di là della vetrata noi avanziamo lentamente fino a quando, verso il 25° giro, riusciamo a riappropriarcene+o e a dare finalmente inizio alla vacanza!
All'uscita c'è Zaid, un ragazzo contatto via web che ci saluta, ci fa accomodare in auto e via.... via da Tangeri verso Tetouan.
La Lonely Planet ne parla come una piccola perla.
Un villaggio tutto bianco abbarbicato sulla montagna, patrimonio dell'Unesco.
Il primo impatto che ho avuto io, appena scesa dall'auto, è stata di una gran confusione.
Gente, mercati, bancarelle di frutta, profumo di arance, di spezie, di pollo, di gatto, di caldo e ancora di gente. Gente col capo coperto da fazzoletti colorati, da cappelli di paglia, da coppoline bianche. Teste abbronzate che avanzano verso di me. Occhi che guardano. Guardano i miei capelli, guardano come sono vestita, guardano lo zaino, guardano il mio sorriso. A volte ricambiano ma spesso no. E tutti camminano. Avanzano. Parlano. Suoni, rumori, grida. Nessuna musica. Di canzoni intendo.
Mi sento leggermente intimorita.
Devo fare amicizia con un mondo che non conosco ancora e mi ci vuole tempo. Decido di fumare una sigaretta in un angolo, fuori dalla folla, da sola.
Devo guardare. Devo essere io a guardare e non io ad essere guardata.
E' che sono stata buttata di colpo dall'aereo così statico, ordinato, allacciato, alla realtà troppo in fretta.
Fumo la mia sigaretta di fianco al pattume.
Amò interrompe i miei pensieri.
"Ma proprio lì devi metterti? Di fianco al matto?"
Sì. Sono di fianco al matto del parcheggio che impreca verso il cielo, gira in tondo e parla col suo amico immaginario.
Ferma qualcuno e ricomincia ad imprecare.
Ce ne sono ovunque di personaggi così. Forse ne esiste uno in ogni parcheggio del mondo. Semplicemente io non dovrei essere dove è lui. Ecco tutto.
Compriamo una banana, beviamo qualcosa in un bar.
Sono l'unica donna seduta in un bar a Tetouan. Mi sento a disagio.
Mi sento a disagio anche perchè sembra che la mia figura attiri tutti i matti del paese.
Il secondo matto del paese si siede di fronte a me.
Mi guarda e ride.
Come mi alzo si siede al mio posto ed arraffa il mio bicchiere di Fanta. Beve.
"ne vuoi?" chiedo in francese.
Fa segno di sì con la testa.
Gli verso un bicchiere di Fanta da quel che resta dalla mia bottiglietta e mi allontano.
"tutti te.... vero??" mi dice Amò spazientito.
Cosa posso farci....
Voglio solo fermarmi un attimo.
Dopo un'altra ora di auto con il buon Zaid arriviamo a Chefchaouen.
Chefchaouen è una piccola perla d'Africa.
E' anche il posto dove tutti ti offrono da fumare ma questo non conta.
Basta dire di no se non sei interessato o dire di sì se hai voglia di sfiondarti di canne.
Ognuno faccia come desidera.
E' comunque un paesino di circa 50.000 abitanti tutto blu.
Ogni casa, ogni bidone, ogni secchio, ogni sacco è tinto di una nuance bluette che regala al posto un nonsochè di magico.
Pare che il vero motivo sia che questo tipo di colore allontani gli insetti.
Sorge il dubbio che ci sia anche il bisogno di attirare i turisti.
Resta il fatto che raramente un posto mi ha affascinato così.
La medina (città vecchia) è piccola e facilmente percorribile tra vicoletti, fontane, piccoli negozietti di artigiani, hammam pubblici e mini market.
Il vociare di donne e bambini non ti abbandona mai.
Personalmente potrei restare qui per sempre.
La piazzetta è a ridosso della kasba, col suo cortile interno curato ed ordinato, le sue piante di arance e di lavanda profumata.
Un albero addobbato con le lucine di natale bianche sta proprio al centro della piazzetta. Sono stanca ma felice. Ceniamo sulla terrazza di un ristorantino che si chiama "Aladin, la lampe magique", niente di più azzeccato. Assaggiamo il nostro primo cous cous e dopo una passeggiata crolliamo a letto nel piccolo riad color del cielo.
Marhaba Marocco.
Benvenuto Marocco.
.... to be continued


venerdì 18 aprile 2014

SI PARTE!!!

Siamo in partenza!!!
Io e Amò ci concediamo un piccolo viaggio!
La nostra amata figlioletta ha deciso invece di non seguirci e di trascorrere una breve vacanza nei due favolosi hotel/campi divertimenti "LE CASE DEI NONNI", per assicurarsi le più amate coccole, i più assoluti calpestamenti di divieti (ma questo noi non lo verremo mai a sapere!)e le più favolose scorpacciate di cibo nonnesco.
Come biasimarla se ha boicottato tajin e cous cous, notti in bivacco, ore di strade polverose e passeggiate tra souk profumati, in cambio di una tranquilla settimana dove verrà incoronata principessa del mondo?!?
Non si può!
Eppure io mi sento una piccola, misera mammetta abbandonatrice di prole.
C'è la parte consapevole del mio cervello che mi dice "starà meglio che con voi, sarà curata e coccolata e, nello stesso tempo, voi due (che saremmo io e Amò) potrete concedervi il primo vero viaggio dopo 7 anni".
Ma c'è anche la parte viscerale di colei che ha messo al mondo un figlio e lo vuole proteggere ad oltranza.
La parte che continua a ripetermi: "stai a casa... non lasciarla, se ha bisogno di te, tu sarai lontano!"
In altre parole la mia parte viscerale mi fa sentire una piccola cacca.
Se a questo conflitto aggiungiamo che ho una folle paura di volare, il cerchio si chiude lasciandomi in uno stato di prostrazione pre-partenza che fa venire voglia a chi mi sta a fianco, di annullare tutto e di portarmi due giorni a Cesenatico.
Così, mi sto interrogando sull'idea del viaggio e di cosa esso rappresenti.
Un viaggio è una scoperta.
E' incontrare nuove culture.
E' osservare, imparare, confrontare.
Un viaggio è apertura.
Ma è anche un lasciarsi alle spalle la quotidianità.
Interrompere i gesti che si ripetono ogni giorno, la sicurezza della propria casa, dei propri cari, degli oggetti da cui ci siamo, nel tempo, circondati.
E per una maniaca del controllo quale sono, questa parte del viaggio crea non poche difficoltà.
Innanzitutto, un po' per lo stesso motivo per cui amo tanto guidare la macchina, per partire serena dovrei essere io a pilotare l'aereo.
Non avendo ancora un brevetto di aviazione sarò costretta a cedere i comandi dell'aeromobile al capitano e mi accontenterò di supervisionare il volo dal finestrino, mantenendo il contatto terra-aria con lo sguardo, utilizzando tutti i miei sforzi telecinetici per sostenere il peso dell'aereo e mantenerlo sospeso in aria.
Dovrò rimanere vigile ed attenta a scattare verso le uscite di sicurezza e dovrò leggere almeno quattro volte le istruzioni di apertura del giubbotto di salvataggio memorizzandole alla perfezione.
Inutile dire che questo duro e tutt'altro che rilassante lavoro, protratto per 3-4-12 ore, mi porta ogni volta alla meta sfinita, come se in vacanza ci fossi arrivata a nuoto.
Una volta, ho seguito il consiglio di qualche genio di prendermi un tranquillante.
Il problema è che l'idea di avere in me una pasticca che stava agendo sulla mia mente ha raddoppiato la mia ansia e sono stata malissimo per tutto il volo, addormentandomi di botto solo a casa, mentre cercavo di ingurgitare una forchettata di fusilli al pomodoro, durante la cena.
In quell'occasione devo aver talmente rotto le palle che Amò mi ha lasciato dormire sulla tovaglia fino alle 3 del mattino, quando mi sono svegliata tossendo, mentre il fusillo, in bocca da circa due ore, provava a soffocarmi.
Ma superato il piccolo scoglio dell'aereofobia, che comunque non mi ha  mai impedito di viaggiare e che spero prima o poi passerà, è indubbio che ogni viaggio arricchisca la nostra vita, nutrendola con qualcosa di nuovo da ricordare, da raccontare e da mettere in pratica.
Per cui vale sempre la pena partire!
Abbiamo stabilito di comune accordo un tour che ci piacerebbe fare, ci siamo muniti di una bella Lonely Planet (che considerate le tante compagnie low cost ormai è più cara del biglietto aereo!) e siamo in attesa di partire.
Io ho iniziato a seguire un corso on line di arabo.
Giro per casa da un paio di giorni, sbiacicando salam-aleikum, waleikum salama, tanto per calarmi nella parte e rendermi inevitabilmente conto che, tutti i marocchini parleranno italiano e sarebbe stato sufficiente sfoderare un cordiale " buongiorno".
In compenso però non ho ancora pensato ai bagagli.
Credo che porterò solo un paio t-shirt e qualche bermuda, anche perché il resto dei 24 chili di bagaglio disponibile sarà occupato dalla valigetta dei medicinali.
Ho stilato una perfetta lista di pronto soccorso, con materiale che spazia dal disinfettante all'antibiotico, il ché é tutto un dire sulla mia ipocondria.
Sono certa che quando rimarrò senza mutande pulite rimpiangerò le 32 scatole di tachipirina che hanno rubato il loro posto in borsa!
In compenso però ho comprato un nuovo paio di sandaletti da trekking che non vedo l'ora di distruggere tra le sabbie del deserto, cavalcando il mio dromedario.
Ho già avuto un'esperienza coi cammelli in Oman e onestamente pensavo fossero un po' meno alti. Vederli avanzare verso di me dondolando a destra e sinistra il loro muso ha avuto un nonsoché di inquietante.
Amó sa come sono fatta così mi lascia fare.
Sa benissimo che per i primi due giorni mi lamenterò di tutto per poi finire felice sulla soma di un somarello ad esplorare le medine di Fez con lo sguardo soddisfatto.
Sa che mi faró spalmare l'olio di argan sulle gambe, che mi commuoveró quando sarà ora di tornare e che, inevitabilmente, lascerò un piccolo pezzo del mio cuore anche in questo paese.
Ci é abituato ed é per questo che non vede l'ora di andare nonostante stia sfracassando le scatole da una settimana. (L'importante é esserne consapevoli!)
Io mi aspetto di tornare leggera. Piena di entusiasmo, di nuovi colori e nuovi sapori.
Mi aspetto di avere un sacco di foto da mostrare alla mia piccola, un sorriso più sereno, un cuore arricchito da nuove amicizie e da un amore che, per tanti motivi, ha bisogno di prendersi un po' di tempo e di camminare con calma.
Poi, al ritorno ci sarà sempre chi abbracciare con rinnovato amore.
Ed in attesa di nuove "cose che capitano solo a me" da raccontare, intanto vi saluto.
Speriamo sia un buon viaggio!
:-)